Buongiorno a tutti/e. Come state in questa ultima mattina (gelida) del 2019?
Siete alle prese con gli interrogativi più difficili, se pandoro o panettone, se brut o dolce? Io ho svoltato sul prosecco, se può aiutarvi. Ma veniamo al dunque. Ho creato questa pagina poco più di un mese fa. Il blog a cui rimanda un po' prima. Tuttavia ho notato che molti passano, leggono (come facevano prima sul profilo personale), NON danno un feedback. Al contrario di quando le stesse cose le scrivevo altrove. Eppure ci sono persone che mi contattano in privato o mi incontrano e si profondono di complimenti. Soprattutto quelli che dichiarano di non essere gran lettori. Il che mi riempie di gioia perché se leggono me, magari prima o poi si faranno contagiare da un consiglio su qualche libro (quando ne darò ancora). Un lettore in più è un sognatore che non si arrende. Pertanto la domanda è: Perché non date feedback qui? Siete timidi? Vorreste rimproverarmi della lunghezza dei post? Fatelo. Ma indicatemi anche come l'avreste scritto voi in meno spazio con i medesimi risultati. E poi, nei due minuti in più (cronometrati) dedicati a uno dei post cosa avreste dovuto fare, salvare le foreste dell'Amazzonia? Va bene, forse aggredire i lettori non è esattamente una grande operazione di promozione. Allora vi chiedo di smentirmi. Se avete letto almeno un post che vi è piaciuto cercatelo qui o sul blog (ci sono gli argomenti divisi in categorie) o chiedetemene e vi darò il link. Condividetelo sul vostro profilo. Chiedete di fare altrettanto ai vostri contatti (se volete essere incisivi potreste minacciarli di togliergli il vostro "segui". Di 'sti tempi è moneta di scambio pregiata quanto il marco tedesco prima dell'euro). Seguirò le vostre condivisioni (se ce ne saranno) e ne terrò conto per una cosa che adesso è prematuro dirvi. Se non lo farete non accadrà nulla di brutto, ma avrete perso la possibilità di fare una piccola cosa gratuita e gradita a un'altra persona. Io vi voglio bene lo stesso e per questo 31 dicembre vi auguro panettone con tanti canditi e poco uvetta. Enyoy your new 2020!
0 Comments
Per questo Natale regalatevi un TEAM.
Vi siete mai interrogati sul significato esteso di questo acronimo? Tranquilli, manco io. Perché diamo per acquisiti alcuni neologismi e li ingessiamo in una singola e piuttosto sterile etichetta. Nel mio caso per esempio l'ho fatta sempre corrispondere unicamente alla parola squadra. Fino a qualche giorno fa, quando durante la lezione in palestra, Mister Rosario ci ha interrogati. Non molla mai! Neanche a Natale. Lui per esempio insegna che nel nostro team di allenamento siamo tutti leader. Ha stravolto l’idea che avevo della parola leader, come di un’unica personalità trainante di un progetto o di uno scopo. Ovviamente quasi nessuno conosceva Together Everyone Achieves More, che tradotto è Insieme ciascuno ottiene di più. Che poi la parola Team sia stata efficacemente utilizzata nell’accezione rivolta al risultato e al gioco (appunto) di squadra, nello sport o nelle professioni, soprattutto quelle del marketing, non toglie che noi si possa liberarla e aggiungerle qualche ornamento di poetica bellezza. Pensiamo alle persone incontrate per caso che ci raccontano qualcosa di sé; e ancora più a quelle che ci sono accanto sempre la cui esperienza ci viene donata senza il peso di ripercorrerne le salite più difficili. Però spesso non ascoltiamo. Anzi, siamo proprio infastiditi. Ora starete pensando “Io non lo faccio”. Invece accade più di quanto ci accorgiamo. Ci rivolgiamo male a un amico, evitiamo una risposta, usiamo toni poco disponibili verso chi riteniamo debole o inferiore. Non vediamo abbastanza le ferite dietro un sorriso costruito perché (soprattutto a Natale) dobbiamo essere felici per forza. Crediamo che la storia altrui non ci appartenga, ma se solo vedessimo le connessioni che ci uniscono comprenderemmo la magia di certi incontri rubandone a piene mani ed evitando fatiche, delusioni e spreco di energie per vincere cause impossibili. Io ho più di un team nella mia vita: io e mia madre siamo un team, con gli amici siamo un team, il mio incredibile gruppo in palestra è un team, i viaggiatori che mi regalano le loro storie, quelle che ascolto sulla mia amata Radio Deejay e che infine faccio dialogare tra loro. Tutti indispensabili perché arricchiscono un racconto di parole che mai avrei creduto potessero accostarsi e forse i miei passi non avrebbero una superficie altrettanto sicura su cui muoversi. Godard, maestro del cinema, diceva che un volto inizia a esistere solo quando una luce vi si posa sopra. Quindi allenatevi a illuminare gli altri, per scoprire che c’è un team che vi cammina accanto ogni giorno pronto a portarvi alla meta senza neanche chiedervi di correre. Ho letto diverse volte circa l'uso improprio ed eccessivo dei vocali nelle chat messenger. In effetti la questione "voce" si somma all'invadenza - più o meno consapevole - della quotidianità altrui reclamando un'attenzione doppia, quantomeno dei sensi. Penso che l'uso smodato sia a causa del fatto che si creda che la voce possa meglio e più in fretta trasferire oltre l'informazione, il giusto tono (un po' vero lo è. Ho visto gente interrogarsi per settimane sull'interpretazione di una faccina meno esplicita). Ovviamente non mi sottraggo a questa specie di pubblica ammenda perché i vocali li uso eccome, forse li preferisco. Farne e riceverne. Penso siano l'unità di misura voice digital della confidenza reciproca e diciamolo, dello spazio di cuore occupato dal timbro vocale. Mi limito solo verso le persone più "estranee". Fino a quando decido che non lo sono più e li metto alla prova, o una circostanza (solitamente considerare di non avere un momento successivo) mi fa propendere per l'invio di un più sbrigativo vocale. Ieri guidavo parlando con una delle amiche del quotidiano, col Rec bloccato così da avere le mani libere. Lei è una di quelle che sanno anche quale integratore uso per l'idratazione giornaliera e con cui a parte il buongiorno, perché quello non riesco proprio a pronunciarlo con un tono umano, è tutto un vocale su qualsiasi argomento. Naturalmente ci accarezziamo le gioie e medichiamo le insoddisfazioni, soprattutto le seconde. Per fortuna la mia vita è ricchissima di questo tipo di amiche, ognuna speciale a suo modo. Lei è quella che si emoziona per la felicità altrui; la mia è una di quelle per cui tifa da quando mi conosce. Ultimamente mi ha regalato un albero di Natale e un fascio di rose. Sempre tutto virtuale, ma per me hanno lo stesso peso, se non di più. Insomma ieri ci parlavo incappando in un ingorgo del primo pomeriggio, di traffico e pensieri. Infatti contemporaneamente mi occupavo di descrivere le incapacità maschili, caratteristiche che accomunano persone intelligenti e carismatiche con carriere in corsa magari, ma che non appena si scende nel privato si comportano come batteri del protozoico. Preferisce estinguersi piuttosto che evolvere. La non risposta darwiniana di un universo parallelo e capriccioso popolato solo da uomini come Drugo Lebowsky. Bruchi incapaci di desiderare le ali. Solitamente alla fine delle mie arringhe solitarie e infervorate (spesso dal sapore di una serie TV perché divise in più parti) mi riascolto per valutare la completezza del discorso. Ieri è accaduta una cosa magica. Riascoltandomi ho iniziato a ridere. Ridere della sete di giustizia, della rabbia eccessiva e immotivata, della debolezza che mi fa volere gli altri a me simili, ma con difetti autorisolutivi. L'amica invece più sinteticamente ha risposto: "Ascoltarti fa sempre bene". Avrei due suggerimenti quindi: 1) trovatevi qualcuno che vi ascolti con amabile attenzione anche quando lo trascinate a litigare con voi nel traffico; 2) se non avete questa persona nella vostra vita, immaginatela e dedicatele un contatto nel cellulare per indirizzarle i vostri pensieri. A voce, mi raccomando. Cosa accade? Che riascoltarsi è terapeutico. È come se quel problema così urgente e spigoloso inserito in una scatoletta 10x5 perdesse tutta la gravità iniziale e lo si osservasse da un'altezza diversa. Diventiamo dei Gulliver per trasformare i problemi in lillipuziani, da soccorrere e amare nelle loro piccole fattezze proprio quando vogliono dichiararci guerra. Solitamente il lavoro mi porta a star ferma in un luogo vedendo la più varia umanità sfilarmi davanti, spesso con una certa premura, di raggiungere il gate o tornare a casa. In entrambi i casi nel più breve tempo possibile. Ho sempre la sensazione che ci vivano come l'ennesimo "ostacolo" da superare in fretta. Senza faccia e senza identità, un tutt'uno con lo sfondo. È più facile allora per me, come da dietro una quinta, cogliere uno sguardo, un'espressione, un malessere, una imprecazione non proprio sussurrata. Oggi invece una situazione inconsueta mi ha spinta nella spirale del viaggio, a essere risucchiata avanti e indietro lungo la tratta ferroviaria. A condividere il mondo di una sala d'attesa, una banchina popolata di studenti all'ora di pranzo e vagoni stracolmi dei pendolari a sera. A vivere l'ansia di mancare una coincidenza e sperare che un minimo ritardo permetta di salire al volo su un treno. Ai passeggeri, per questa volta all'apparenza rilassati (sarà perché molti si facevano compagnia con un libro) porgevo una scheda che li interrogava sulle abitudini di viaggio, sulla tratta che stavano percorrendo e che chiedeva di assegnare un punteggio da 9 a 1 rispetto a una serie di servizi offerti. I viaggiatori abituali, avendo familiarizzato col sistema, sembravano non vedere l'ora di compilare il questionario per esporre un reclamo, un disappunto, una richiesta (la più simpatica che ho letto: "aggiornate la playlist della musica a bordo"). Più di qualcuno guarda con scetticismo l'operazione "perché alla fine non cambia mai niente"; qualcun altro invece - soddisfatto - ci ha tenuto a fare sapere, a me, forse specchio di un alunna solerte, che aveva assegnato tutti voti alti. Eppure nessuno, se non per noia o stanchezza, ci ha respinto a muso duro. I viaggiatori hanno fiducia, nonostante tutto. E continuano a rispondere se interpellati. Perché forse sperano che le loro voci si sommino e, come gocce una dietro l'altra, scavino in profondità, costruendo. Confesso che a me quelli che ci credono fino alla fine piacciono sempre un po' di più. Anche quando, come me, vengono inevitabilmente delusi. Infine quelli che si distinguono. Si ergono proprio. È il caso di un ragazzo che vedendomi arrivare si è allungato ancora di più sulla sua poltrona. Solo raggiungendolo ho notato che aveva le mani ripiegate sui polsi. La malformazione gli impediva di reggere salda la penna, ma credo che quella roba che hanno imparato a chiamare resilienza gli abbia insegnato come impugnare la sua spada a prescindere. Ed ecco perché della sua scheda della rivalsa ne voleva due. "Una non basterebbe", mi ha detto. Gli ho spiegato che non sarebbe corretto, ma che poteva compilare lo spazio delle note a margine. Quando dopo diversi minuti sono passata per riprendere la scheda mi ha sorriso porgendola e forse per un attimo mi ha vista indossare non una divisa aziendale, ma i panni di un messaggero di giustizia. Ha chiesto ancora se poteva inserire il proprio codice fiscale, per fare sapere che era proprio lui. Ho risposto ancora no, perché l'avrebbe invalidata. Ora io non ho idea come venga gestito il resto del lavoro relativo ai sondaggi, né chi leggerà questo post, ma di una cosa sono certa ed è che ogni sforzo (e se aveste visto il suo sareste d'accordo con me) ha una sua ricompensa. Non so nemmeno se per lui sarà nel medesimo contesto in questo caso. Eppure da oggi so che c'è una forza nuova che si propaga attraverso le parole, e per alcuni inizia da prima, nel gesto di impugnare una penna. Quanto le persone con cui ci relazioniamo quotidianamente ci conoscono davvero?
C'è qualcosa che non avete mai svelato di voi stessi neanche alla persona più cara? Io ovviamente vorrei saperli tutti e chiunque vorrà scrivermi raccontandosi, sappiate che mi farete felice. Torniamo alla domanda. La riflessione nasce dopo aver ascoltato in radio una storia a quelli di Pinocchio (Radio Deejay Forever). Il venerdì LaPina, Diego & La Vale consegnano messaggi degli ascoltatori. È una delle fasce del programma più seguite e oltre farmi arrivare sempre con i lucciconi in palestra, oggi mi ha fatto pensare quanto ci avvaliamo di filtri per parlare con gli altri. Quello che di noi ci appartiene nel profondo vive difficilmente nel ricordo di una espressione facciale. Si chiacchiera più facilmente attraverso una chat perché andiamo tutti di fretta, con le nostre giornate sempre più strette e le vite sottratte inesorabilmente un giorno alla volta, mentre messaggi e vocali si allungano per restare in contatto senza imporsi nel flusso della giornata altrui. Sembra un gesto di estrema libertà e rispetto, ma come faceva dire Fellini in un film stupendo da un personaggio a sua moglie "Io e te, in cinquant'anni, cosa ci siamo detti di davvero importante?", così le persone lasciano a un dopo futuro pezzi di sé essenziali, necessari per farsi decodificare e riconoscere nella loro meravigliosa unicità. Ecco quindi che dalla radio ascolto la storia di Thomas, un uomo all'apparenza ruvido, un po' orso, che tuttavia si dichiara innamorato di Laura. Anzi, la venera proprio perché - lui dice - Laura abita un tempo e un luogo della sua vita che lo fa sentire al posto giusto. Quando qualcosa come una canzone, una frase, un ricordo amplifica questa sensazione lui piange, si emoziona, ma di nascosto da tutti, anche da lei che pure gli è vicina da tanto, dopo un matrimonio, due figlie e obiettivi condivisi con impegno e sofferenza. Thomas è un uomo che tocca la felicità e quando se ne accorge, il suo mondo si rilassa. Ora, oltre che augurare più Thomas per tutte, io trovo poetico che qualcuno abbia il tempo di sorprendersi della bellezza che sfiora la propria vita al punto di commuoversi. Trovo sia un gesto di grandezza e compiutezza perché è osservare la strada compiuta senza più lasciarsi travolgere dalle debolezze che ci hanno abitato in un momento passato. Nella caccia al regalo che investirà le prossime settimane pensateci. Chissà che qualcuno non voglia essere originale e regali a un altro una parte sconosciuta di sé. Parto da me con un esempio e un particolare condivisibile con un gruppo di 700 persone. Siamo tutti amici, no? Dunque, fino a 5 anni bevevo latte solo nel biberon. Poi, dovendo iniziare la scuola elementare, mi hanno spiegato che non avrei potuto portarlo con me e dovevo disfarmene. Ricordo perfettamente il momento in cui l'ho buttato nella spazzatura (dovete proprio immaginare in sottofondo una musica da colossal cinematografico, da impresa eroica, tipo "Ben Hur"), e la sensazione di separazione da un oggetto per me prezioso. Infatti da quel momento ho smesso di bere latte (in tempi recenti ho scoperto che è stato perfino un bene per me). Ecco, adesso rischio che leggendomi voi abbiate di me solo questa immagine. Di una bambina di 5 anni a cui hanno nello stesso momento storico negato il biberon e scoperto da sola che forse Babbo Natale - bene che vada - ha traslocato perché la lettera (leggi post dedicato "Scrivere a Babbo Natale"), non gli è mai arrivata. La prossima parte segreta di me non me ne vorrete, dovrà essere qualcosa di più particolare che abbia un pubblico al massimo di 100 persone, e così a stringere il cerchio sempre più. Mi piacerebbe ne restasse uno, un highlander a cui consegnare una specie di Durlindana, la spada di Orlando, meno famosa di Excalibur, ma ugualmente preziosa. C'è solo da sperare non sia l'analista. |
Alessandra NennaSogno. Archivi
Gennaio 2024
HomeVoce ai personaggi (il podcast del romanzo)
La storia c'è. Facciamone un romanzo vero Il libro c'è. Voi? 0,18181818 Il titolo che vorrei Rinunce Rapsodia, insieme per resistere. Scrivendo La settimana della "Revolution" Lettere dal passato 1001. Traguardi e nuove partenze OMG... L'ho fatto davvero Sottolineatevi... in verde Storia di una matita rosso-blu... e una gomma Matematica e profumi Il talento BlogDating: ve lo dico con una bio
Lo stupore per le stelle immobili Il cuore e le riserve di sazietà Drusilla, l'unicità dietro la maschera Quello che non (mi ) scende A message in a book La paura ha paura L'ombra della luce La filosofia in una camminata Anche una crepa... La misura della felicità Siamo endiadi a metà Rapporti di platino Di quel paese chiamato Amore De/sidera... pensarsi oltre E se foste un libro da salvare? The great gig in the sky Manuel Vilas, 100 comandamenti più uno La stanza del Mago Ezio Bosso Se avere talento pesa Ma tu, che paura hai? Quando a mancare è il respiro E voi, come vi state proteggendo? L'ulivo che vuole essere preso in braccio Un virus legale e la gioia bambina Fate virale la gentilezza Leandro e le cassette dei sogni da montare La maschera e il volto Somewhere over the rainbow... there's Judy Il saluto salutare Condividete e moltiplicatevi A Natale regalatevi un T.E.A.M. Te lo dico in un vocale Vi svelo un segreto Come un calzino spaiato La fata delle scarpette Maleficent a modo mio Profumi di nuovo Gratitudine. Un motivo al giorno Om... e torno a casa Come avere successo in amore. Forse Parole da salvare Dimagrire. 4 consigli non richiesti Giovanni e la birra annacquata Nuovi passi hanno bisogno di nuove scarpe Riflessioni allo specchio La vita come un applique fulminato Come potenziare la sfiducia negli acquisti on line HappyhandZoombombing aziona circuito di beneficienza
Andrea, una Dolcilandia per i bambini poveri Minoo, il presente è melodia Manos Blancas Puglia: happyHand su misura Un paio di scarpette contengono 50 grammi d'amore Laura's Art Studio. Quando la bellezza sta in una mano Esprimete un desiderio. FommyartLu lo cuce per voi Leandro e la cas(s)etta delle idee Urtare un totem e trovarci una città On LifeLa mamma dei miracoli
Cara amica mi scrivo Elogio della lentezza Guerriere senza veli La felicità è un muscolo Pippo e il paradiso di Konrad Lorenz Svegliarsi... altrove Quando il web parla della tua vita Ri-conoscere il passato per dirgli grazie I grassi (saturi) vanno ignorati Amore: un amico speciale che si rinnova ogni tre giorni Alle radici della narrazione A scuola di tolleranza A lezione sul balcone Che un profumo vi annunci Non Ciao, ma Ti vedo dimagrita Ho perso le parole La chiave della felicità Un giorno forse torneremo qua I miei ex fidanzati (immaginari) Scrivere a Babbo Natale Avete tempo per una buona notizia? Dieci cose di me Giardini d'infanzia Gli sguardi dell'Amore Una radio sintonizzata sul futuro C'è molto di te in me Trova le parole per me La blue girl della mia infanzia Gente arcobaleno Venti non anniversari e una valigia senza peso Casa NennaCamminare per rinascere
Evolvete, ma portatevi dietro il cellulare A prova di decreto Conta che ti passa Re Magi. Quando arrivano, arrivano Manic Monday Meucci contro Zuckerberg Angurie gemelle Il pittore e i biscotti "5 stelle" Incontrare l'Amore al Supermercato Come ti addobbo una cheesecake Valencia a modo mio |