Approfitto del periodo carnascialesco per invitarvi a una riflessione sulle maschere. Durante gli studi universitari ricordo lo stupore di aver scoperto che il termine “persona” deriva da una parola etrusca riconducibile a maschera, nello specifico inteso il ruolo multiforme dell’attore. Siamo dunque tutti attori, come del resto dice meglio di me Pirandello nel suo Uno, nessuno e centomila.
La maschera è la persona, non un personaggio altro che indossiamo per concederci un momento di spensieratezza e divertimento (anche se sarebbe un bene farlo come i bambini che giocano entrando e uscendo dai loro eroi preferiti). Perché mettersi nei panni altrui ci insegna ad aprirci alla prospettiva delle possibilità. Siamo invece ruoli ingessati che interpretiamo nel quotidiano e che modifichiamo solo in virtù della persona (personalità) con cui entriamo in relazione. Cosa significa allora quando ci sentiamo delusi e diciamo che quel qualcuno si è smascherato? Arrabbiati perfino, perché crediamo che il volto vero di quella persona sia quello che si mostra a noi adesso, con le proprie imperfezioni e debolezze. Ci concediamo di essere amareggiati ogni qualvolta una persona (maschera, sì lo ripeto finché non vi arriva il concetto) si mostra diversa dall’idea che ci siamo fatti, dal ruolo che gli abbiamo tributato. Una madre premurosa che mette in primo piano finalmente se stessa perché essere genitore non implica smettere di essere donna, un amico che sceglie altri alla nostra compagnia viene etichettato come traditore mentre sta semplicemente facendo nuove esperienze, conoscendo forse di sé la parte più solitaria o in rapporto a personalità diverse (nuove maschere) che noi non potremmo interpretare, ma che nulla toglie a un affetto datato. Pensiamo ancora a un marito che fa l’impiegato di banca e improvvisamente decide di prendere lezioni di piano. Quanti di voi liquiderebbero la faccenda pensando che lui ha un’amante e una scusa originale? Ieri mentre correvo sul tappeto in palestra cercando (inutilmente) di bruciare calorie, sono inciampata in un video interessante che parlava di ferite emozionali del bambino interiore. Ne subiamo tutti, risultando tanto più acute e dolorose quanto più queste si sono formate in tenerissima età. L’autrice del video spiegava che nessuno arriva nella nostra vita per ferirci, né deluderci o sottrarci qualcosa. Gli altri non possono conoscere quel mondo sconfinato e in evoluzione della nostra anima. Solo lei può ed è lì che dobbiamo trovare le risposte e farci “consolare”. Gli altri urtano le nostre ferite in maniera del tutto inconsapevole e sta a noi guardarci dall’esterno e capire se stiamo reagendo come una persona adulta o come un bambino che senza strutture adeguate subisce un abbandono, il non riconoscimento dei genitori o un’ingiustizia, per esempio. Tocca sempre a noi vedere il bambino che siamo stati e capire la sua ferita aiutandoci a interpretarla proprio attraverso la reazione che abbiamo. Non c’è nessuno lì fuori che può compensare quel qualcosa che ci siamo sentiti sottrarre a 3, 5 o 7 anni. Ma possiamo chiuderci in un silenzio curativo. Ecco quindi che un capo che mette a dura prova la nostra pazienza, un amico che sembra voltarci improvvisamente le spalle non sono mine pronte a esplodere, ma indizi preziosi di una mappa di emozioni che non vogliamo più provare e che invece sono delle soste guaritrici. Siamo tutti maschere prestate a un palcoscenico altrui dove nella maggior parte dei casi non ci sarà l’applauso alla fine dello spettacolo. Quello che conta è sapere di avere interpretato al meglio la propria parte. Non ci sono buoni e cattivi. In fondo anche il lupo di cappuccetto rosso, se la favola fosse continuata fino ai nostri giorni, si sarebbe preferito vegano.
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Sarà che lo schermo amplifica e si perdono le dimensioni reali, ma di certe stelle del cinema ho sempre ignorato, per esempio, l’altezza. Non mi è mai importato saperla perché si sa, una inquadratura diversa allunga, a volte di parecchio. Fino a quando non ho visto Judy, il biopic dedicato alla favolosa bambina prodigio di cui tutti sicuramente conserviamo il ricordo delle magiche scarpette rosse sulla strada dorata. Ed è proprio quella la favola su cui si spalanca l’immaginario iconografico del film nei primi minuti che proiettano ancora una volta sulla piccola Dorothy l’ombra della “Strega dell’Ovest” svelando però le fattezze reali di Louis Mayer, celebre e dispotico produttore a capo della MGM.
Si comprende così che la magistrale voce di Judy la domina, esattamente come il premuroso produttore che ha a cuore di lei solo quella. Una voce che la porta in scena fin dall’età di due anni e le sottrae l’infanzia, poi l’adolescenza e infine il sonno di ogni notte della sua vita, sicuramente come estrema conseguenza del mix di farmaci che costantemente assumeva per reggere infinite ore di set e una fame capricciosa, anch’essa sul libro paga di Mayer. Ne emerge il quadro tragico di una donna amata e richiesta ovunque sulla scena internazionale, ma “difettata”, difficile da gestire e inaffidabile. Renée Zellweger che presta volto e voce alla parte conclusiva della vita di questa stella hollywoodiana fa emergere i contorni di un mondo tutt’altro che fatato, ma che come un uomo infedele e bugiardo nega anche l’evidenza. In corsa per l’Oscar per l’interpretazione, riesce sicuramente a rendere il senso di privazione, di quelle inesauribili giornaliere zuppe di pollo di cui c’è un accenno sotto i riflettori di un’intervista. Scarna, i lineamenti rugosi, restano a tratti le espressioni (forse un po’ troppo ripetute) che ricordano la spensierata e smorfiosa Bridget quando, delusa dal suo Daniel Cliver buttava giù alcool e chili di gelato. In netta antitesi con quella donna consumata, soprattutto dentro, che di dolcezza non è riuscita a trovarne nemmeno negli affetti più scontati, la madre e cinque mariti. Cosa resta quindi alla fine del cammino su quella tanto sognata strada dorata? No, non il successo e la memoria imperitura delle folle, ma una vita normale da trascorrere assieme ai suoi figli e infine rappresentata da una fetta di torta di cui manda giù solo un microscopico assaggio. Cosa accade allora ai sogni di cui non si è riusciti a osare immaginare il dopo fino in fondo? Questo è l’interrogativo che resta. Quando sono uscita dalla sala ho cercato l’intera biografia per avere contezza di questa donna che ho adorato fin dall’infanzia e ancora dopo; che per me ha sempre camminato in delle scarpette rosse che l’avevano portata ovunque. Ho dovuto fare i conti con la realtà che Judy è morta alla mia stessa età (ho sempre creduto fosse molto più anziana), era alta quanto me e non ha mai mangiato, gustandola davvero, una fetta di torta. |
Alessandra NennaSogno. Archivi
Gennaio 2024
HomeVoce ai personaggi (il podcast del romanzo)
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Lo stupore per le stelle immobili Il cuore e le riserve di sazietà Drusilla, l'unicità dietro la maschera Quello che non (mi ) scende A message in a book La paura ha paura L'ombra della luce La filosofia in una camminata Anche una crepa... La misura della felicità Siamo endiadi a metà Rapporti di platino Di quel paese chiamato Amore De/sidera... pensarsi oltre E se foste un libro da salvare? The great gig in the sky Manuel Vilas, 100 comandamenti più uno La stanza del Mago Ezio Bosso Se avere talento pesa Ma tu, che paura hai? Quando a mancare è il respiro E voi, come vi state proteggendo? L'ulivo che vuole essere preso in braccio Un virus legale e la gioia bambina Fate virale la gentilezza Leandro e le cassette dei sogni da montare La maschera e il volto Somewhere over the rainbow... there's Judy Il saluto salutare Condividete e moltiplicatevi A Natale regalatevi un T.E.A.M. Te lo dico in un vocale Vi svelo un segreto Come un calzino spaiato La fata delle scarpette Maleficent a modo mio Profumi di nuovo Gratitudine. Un motivo al giorno Om... e torno a casa Come avere successo in amore. Forse Parole da salvare Dimagrire. 4 consigli non richiesti Giovanni e la birra annacquata Nuovi passi hanno bisogno di nuove scarpe Riflessioni allo specchio La vita come un applique fulminato Come potenziare la sfiducia negli acquisti on line HappyhandZoombombing aziona circuito di beneficienza
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