Mi viene incontro come un nuotatore stanco che abbia appena intravisto uno scoglio su cui fare una sosta durante una traversata da costa a costa. Il suo viaggio va da una sponda dell’Italia all’altra, dal bordo di un dolore all’approdo di un desiderio. Il bagaglio, una sacca di tela sui toni del marrone, comunica una sosta breve elencando nomi di capitali che forse non ha mai visitato. Un peso, ancorché non ingombrante, di cui si disfa di continuo, esattamente come le informazioni di contorno che la riguardano. Si chiama Anna, ha 74 anni e negli occhi l’energia e la risolutezza di una bambina. Si è risolta a viaggiare in treno perché per noleggiare un auto le hanno chiesto una cauzione esorbitante. Funziona così, purtroppo. Più il viaggio è arduo, più il desiderio è grande, più la vita costruisce ostacoli per misurarne il peso. Le chiedo se voglia pagare con la carta di credito, ma implora di non fargliela usare. «L’ho attivata proprio per questo viaggio» dice quasi scusandosi «perché speravo di andare a San Michele in auto, ma non so ancora bene come usarla. Dovrò cercare di capire come funziona» ordina a se stessa. Come se fosse solo un altro tassello di un puzzle di compiti a cui adempiere, un pedaggio da pagare per una ambita meta. La sua molto in alto e piena di curve. «Sto facendo questo viaggio per mia figlia e sento che quel luogo mi sta chiamando» dice con l’espressione che si fa greve e sofferta.
Sarà perché a volte la fredda esecuzione di un compito ci distacca temporaneamente dalla realtà e dalle sue sfumature, ma ascoltandola mi chiedo, al netto di emozioni, perché non viaggi con la figlia. Anzi, sono quasi tentata di dire che debba essere di sua figlia, il viaggio, ma taccio – fortunatamente -, perché la risposta arriva presto, come uno schiaffo al giudizio affrettato. Mostra una foto di Elisa, da poco nonna a soli 46 anni, che una forza diversa da quella di gravità tiene ferma su una sedia a rotelle. Anna, il cui nome rimanda alla santa protettrice delle madri, è una madre che rivendica ora, fiera e col viso ravvivato di gioia, anche il ruolo di bisnonna. «Ho prenotato un bed & breakfast a Bitonto perché sono più vicina ai miei parenti, ma non volevo essere loro di peso. Ho intenzione di ripercorrere le strade che facevo da bambina e andare ai Santi Medici. Che insieme a Padre Pio hanno regalato due miracoli alla mia famiglia». Il suo credo mi contagia e decido di aggiungere dettagli utili al suo viaggio. Del resto, un parte del mio lavoro consiste in questo: dare informazioni. Sarebbe bello sapere di averne dato, almeno una volta, per aiutare la realizzazione di un miracolo. Le indico varie soluzioni, via treno e bus, ma nel mentre della spiegazione le suona il telefono. «Eccola, mia figlia» dice staccando ogni contatto con il mondo circostante. Mi resta vicina quel che basta perché mi arrivino stralci di conversazione. Elisa ha lo stesso timbro di voce energico di sua madre. «Ho trovato due angeli qui in aeroporto che mi stanno aiutando per arrivare a San Giovanni Rotondo e a San Michele» le dice sollevata. Per il resto sembra che per Elisa sia una buona giornata perché i dolori hanno preso un giorno di permesso. «Adesso devo chiudere perché così finisco di parlare con le ragazze, ma tanto tra pochi giorni mamma torna e passa tutto». Una promessa. Come quando a un bambino si soffia su un dolore per farlo scomparire. Ieri ci ha creduto Anna, Elisa e io spero che queste parole compiano a loro volta il piccolo miracolo di farlo credere anche a voi così che diventi quel vento leggero capace di spingere Anna un po' più vicina al suo sogno realizzato. Mi piacerebbe sapere se questo terzo miracolo sia arrivato per tempo a rispettare il motto proverbiale, ma forse il vero prodigio è altro, meno voglioso di mostrarsi in superficie. È quello che rende una persona capace di credere che qualcosa di magnifico possa accadere nonostante le apparenze e caricarsi di ogni peso per realizzarlo. Che poi sia una madre di 74 anni, vitale e fresca come una ragazzina, ad attraversare l’Italia e issarsi su per il monte dell’Angelo ci dice che non c’è mai limite per desiderare. Quello che possiamo fare noi altri, ogni volta che siamo solo spettatori improvvisati, è - se ne abbiamo i mezzi – sostenere il sogno, soffiare in aria come in un palloncino che possa trascinare verso l'alto parte delle nostre credenze infiacchite. Perché a ben vedere, ventiquattro ore più tardi, credere nell'impossibile alimenta più che le speranze altrui. Anche nella mia famiglia, nella giornata di ieri, avevamo bisogno di sapere che una mamma possa tornare da lontano per compiere un miracolo. A Zia Franca, 7 ottobre 2017
2 Comments
Mina
10/8/2021 14:19:37
Auguro con tutto il mio cuore,che il miracolo chiesto da questa mamma coraggiosa si avveri ❤️❤️❤️
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Alessandra
10/8/2021 16:50:37
Immaginiamo sia già così 😘
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Alessandra NennaParlo e scrivo dal basso. Archivi
Gennaio 2024
HomeVoce ai personaggi (il podcast del romanzo)
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