L’oroscopo di Rob Brezsny di questa prima settimana del 2020 mi suggeriva di prendere commiato da alcune cose che non servono più. Qualcuno pensa che io creda agli oroscopi (e glielo lascio pensare perché sforzarsi oltremodo quando non si è pronti è rischioso). In verità adoro le suggestioni di Rob che con metafore e citazioni in prestito, suggerisce autori di libri e musica, canzoni e poesie, ma soprattutto aziona – per chi ne coglie la sfida – la capacità di immaginare connessioni tra ciò che profetizza e una qualsiasi realtà concreta della propria vita. Farcela potrebbe avere a che fare con la ricerca della felicità. Mi è piaciuta molto l’idea che io possa, in questi molteplici salti circadiani di inizio anno, prendere commiato, tra le altre, da convinzioni, aspettative deluse e persone che non mi apprezzano per ciò che sono veramente. Quale modo migliore di farlo se non attraverso la scrittura? Una lettera di addio definitivo a una me poco sicura, troppo disponibile ad arginare, desiderosa di conferme. Lo sono stata. Forse decenni. Proprio mentre mi godevo la consapevolezza di aver vissuto una giornata ricca di emozioni, un’amica mi scrive. Insolitamente per lei, a tarda sera. Così come molto poco riusciamo a incontrarci al punto che – in oltre trent’anni – si è reso necessario elaborare modalità sempre diverse di connessione. Questa volta lo snodo è stato un punto sul suo pezzo di cuore eterno: sua figlia. Coinvolta per un “consiglio d’amore” per una donna molto più giovane di noi. Quello che mi ha stranito è che lei abbia visto in me una efficace consulente d’Amore. Io che per buona parte della mia vita ho percorso le strade opposte, chiudendomi tra le mura prefabbricate di storie impossibili, negando l’amore soprattutto verso me stessa. Lei invece è quella che ha scelto il pacchetto all inclusive (mamma, moglie, professionista) e da amica – in oltre trent’anni – ha saputo spesso esprimersi su di me con tale precisione che ogni tanto le sue frasi me le rigiro in testa chiedendomi da dove le sia nata all’epoca tanta lungimiranza. Eppure in questo caso sentiva di poter fallire, forse perché quando si cercano soluzioni per qualcuno che ci è seduto soprae che si ama, difficilmente gli si vuole far fare la fatica di alzarsi. L'altro motivo, ammissione tardiva, è che quando parla con quella donnina più giovane mi pensa tantissimo perché in lei vede la mia libertà. Bingo. In una notte a inizio 2020 ho vinto un affare imprevisto che chiama a rapporto il passato e il futuro. Vengo così a conoscenza della storia di un giovane uomo che dopo un anno di relazione riceve un messaggio da una ex (a suo modo importante, parecchio, ma tre anni prima) al punto che lui inizia a dedicarle gli spazi virtuali di una chat. La giovane donna non lo tollera e si ribella. Poi il cuore reclama la sua parte. Ho lasciato da parte le gioiose consapevolezze della mia giornata e ho scartabellato nell’archivio personale tra le cartelle dei consigli ricevuti in ritardo, poi tra gli errori commessi contro ogni logica, delle speranze costruite su frasi che sarebbero state adatte più agli Imprevisti e le Probabilità del Monopoli, il gioco, che a un dialogo tra esseri umani. Ho sentenziato che un dignitoso silenzio in cui ciascuno ritrova le proprie priorità sia l’unica strada percorribile. Vengo distratta da qualcuno che bussa con veemenza alla porta della stanza. Dietro ci trovo, braccia conserte, il cuore dei miei vent’anni. Non ho fatto in tempo ad avere alcuna reazione che è partito un CIAFFF! Una sberla come nei meme di Batman e Robin. Sono tornata alla chat e ho ammesso che andare contro-cuore è doloroso. Tuttavia anche quando ci sembra impossibile vivere senza la quotidianità di un amore che crediamo unico, sentirsi amati a metà è una agonia lenta. Piuttosto senza. Senza è quello che ho scelto io a 26 anni. A quel punto sono andata a sbirciare con cautela dietro la porta. Il mio cuore non c’era più, ma al suo posto ho trovato una chiave. Mi ha ricordato quella di un’altra porta, quella di ingresso di un appartamento lasciato in una notte di giugno con un consiglio che oggi porto appeso al collo: "non avere mai paura". A questa giovane donna, se avessi potuto parlare direttamente, avrei detto oggi adulta e col cuore annientato in tante battaglie, di non avere paura di lasciare andare qualcuno che non ci dà il giusto peso, perché è togliere l’etichetta “Amore” da un cuore che non ci vede, non vede la nostra unicità. Conosco tante donne (e uomini, soffrono anche loro) protette nelle torri d’avorio dei loro amori impossibili e rassicuranti. Perché non essere voluti cede parecchia della nostra responsabilità agli altri. E allora sì, riguardandole come attraverso i fotogrammi di un film, e prendendo commiato dai finti castelli fatati della mia vita, sento di suggerire almeno tre soluzioni più economiche di una seduta dallo psicologo: 1) Un aperitivo con un'amica da trascinare eventualmente in libreria per il punto due; 2) Acquistare il libro “La principessa che credeva nelle favole. Come liberarsi del proprio principe azzurro”. Oppure passare direttamente al seguente: 3) Un nuovo paio di scarpe. I punti 2 e 3 possono (ed è auspicabile) realizzarsi anche in autonomia. Perché qualche volta la solitudine dipana le nebbie dei nostri pensieri vorticosi mostrando ancora una porta, l'ultima, proprio quella che pensavamo non esistesse per noi e quindi finora non avevamo visto. È quella della felicità, e noi ci portiamo appresso la chiave da tempo.
1 Comment
Mina
1/11/2020 08:30:23
È il coraggio la chiave della felicità,cosa che purtroppo ad alcuni manca
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Alessandra NennaParlo e scrivo dal basso. Archivi
Gennaio 2024
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