Durante l'estate ho applicato il metodo Marie Kondo nella mia casa. Ogni anta di ogni armadio, ogni cassetto, ogni scatola, ogni cartella porta documenti è stata aperta, analizzata, valutata la sua utilità passata, la sua funzione nel presente, la necessità futura. Ho fatto spazio. Spazio e ordine (sono maniacale a volte). Poi sono incappata in un set di valigie, ricevute come regalo del matrimonio. Anche loro hanno compiuto 20 anni. Rigide e affidabili fino al 2006 quando il nastro trasportatore dell'aeroporto di Heathrow mi restitui quella piccola, oggettivamente la più usata, con un gancio laterale danneggiato. Sono finite le sue trasferte, relegata nell'armadio con l'intenzione, sempre rinnovata, di farla aggiustare. È stata invece sostituita dai cugini trolley più agili, più giovani, meno ingombranti. Bagaglio a mano. Lei, incapace di assolvere la funzione principale, ma ugualmente incapace di uscire dalla mia vita. Sarà perché dentro le valigie dimenticate negli armadi finiscono interi mondi. In questa per esempio c'era una videocamera JVC, regalo dei miei genitori. Anche lei con un corredo di cassette, batterie esauste e forse introvabili, ma con una serie di filmati perfettamente conservati nella mia memoria che sono andati in autoplay non appena l'ho presa tra le mani. Insomma, dopo solo 13 anni, ho deciso che questa valigia doveva tornare ad avere una possibilità. Ho cercato l'assistenza e il proprietario del negozio al telefono ha ucciso per metà le speranze nel mentre in cui descrivevo il modello: - Eh, ma quello è un modello vecchio di almeno 20 anni (mi rimprovera, quasi). - Sì, esattamente - gli dico già mezza dispiaciuta di dargli quasi fastidio. - Deve portarmela e chiederò all'assistenza se di quel modello hanno qualche rimanenza di magazzino. Ho bisogno di 48 ore. - Guardi, non si preoccupi, io ci ho messo 13 anni. Il tizio dall'altra parte ride, pensa forse a una battuta. Il negozio è in pieno centro e, rischiando la multa per sosta in seconda fila, riesco a mollare sul lungo bancone il mio ingombrante passato. Non mi lasciano una ricevuta e uscendo, penso di essere stata superficiale. Del resto, mi dico, che se ne fanno di una valigia rotta? La parte pessimista di me si immagina già all'isola ecologica in cerca di un modo per smaltirla. Forse un po' ci spero. Tutto ciò che se ne va fa spazio (è il mio mantra). Ieri sera, mentre ero a cena, trovo la telefonata di un numero sconosciuto. Nessuno chiama più nessuno ormai. Penso a qualche corteggiatore dimenticato, a un call center notturno, ma men che meno al proprietario della valigeria. Che stamattina mi richiama e mi dice che la mia valigia è perfettamente riparata. Che i ganci sostituiti sono due, ma che quello non danneggiato me lo restituisce perché ormai davvero sono fuori produzione. E potrebbe ancora tornare utile. Il viaggio inaugurale di quelle valigie mi ha portato in America. Come i migranti del dopoguerra. Credo mi ci porteranno ancora a far migrare questo cuore ancora non sazio, a riempire quella valigia di nuove cose, forse inutili, ingombranti, ma che, sono certa, considererò indispensabili per una buona porzione di vita. E se proprio dovesse essere l'ultimo per loro, mi piacerebbe sia lì, per chiudere un cerchio. Perché gli equilibri cosmici esistono e chi se la ride prima o poi dovrà fare i conti con qualche tsunami. Ve l'ho detto. La valigia è sinonimo di libertà e che proprio oggi, nel non anniversario del mio matrimonio, qualcuno mi abbia "regalato" uno strumento di viaggio, la trovo una coincidenza meravigliosa. I segni ci sono sempre stati tutti, ma non avevo ancora le mappe giuste per decodificarli. Anche quella libertà che mi è stata donata l'ho disprezzata a lungo, incapace di capire cosa farne. Ora, 20 anni più tardi, ho imparato più come lasciare andare che tenere. Forse nella seconda parte della mia vita la lezione sarà inversa. Per intanto sono felice così, perché rendere liberi gli altri non solo è la cosa più difficile da fare, ma anche la più colma d'amore. Io e la mia valigia senza peso ripartiamo presto. Altamura, 12 giugno 1999. L'idea fu del fotografo. Non vi dico per issarmi lì sopra.
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Alessandra NennaParlo e scrivo dal basso. Archivi
Gennaio 2024
HomeVoce ai personaggi (il podcast del romanzo)
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