Oggi si chiudono nove cicli nel tempo di quaggiù. Nove cicli conclusi richiamano l’idea di essere pronti a un parto. La radice della parola è la stessa: part/ire. Partire quindi non è andare via, ma nascere al nuovo, con una rinnovata visione, magari forte di un’esperienza.
Di te, quando provo a ripescare i ricordi, mi appaiono flash interrotti, come tanti libri di cui inizi la lettura e poi per i motivi più vari li lasci su qualche ripiano a impolverarsi. Lentamente, delle storie che celano, ti restano solo brevi frammenti, come una fotografia. Conservo tante tue immagini, la maggior parte sorridente con un libro in mano a improvvisare un reading casalingo. Dalle favole con la copertina rigida dell’infanzia, all’ultima collana di Filosofia, io ti ricordo rincasare sempre con un libro per me. Prenderò l’impegno serio di studiare tutti e dodici i volumi perché alcuni autori mi hanno insegnato che se vuoi leggere il futuro devi conoscere la storia del pensiero. Tu mi hai insegnato che il futuro è tutto nei tre minuti successivi al momento che stiamo vivendo. Inutile ipotizzare e programmare tempi più lunghi. Aprirò a caso uno di quei dodici volumi per sapere come la vedi oggi. Mi ero ripromessa di scriverti con più frequenza, ma avrei dovuto fare i conti in quel caso con una mancanza che non accettavo. Ho imparato a gestirla, ma ogni tanto torna a far male perché la mente è sempre più veloce e parla di spazi vuoti e silenzi. Così da un certo punto in poi ho pensato che l’unica maniera per riempirli erano le parole. Non quelle per gli altri, solo le mie. Continuo a parlare tanto, ho sempre parlato tanto, dicevi che avrei potuto fare l’avvocato. Non ho la memoria sufficientemente allenata per quel mestiere e poi vorrei fare giustizia a modo mio, cercando la verità che non esiste e che i libri mi hanno insegnato a trovare in superficie. Dietro le parole invece ci si può nascondere. Allora ho iniziato a riempire anche gli strappi interiori con le parole. Tutte quelle avanzanti le ho buttate dentro un elefante che appena inizierà a muoversi con le proprie gambe mi auguro sposti un po’ di grigio dalle vite altrui. Mi piacerebbe. Venendo a cose più pratiche, come sai, abbiamo donato alcune cose che ti appartenevano, ma non quelle più quotidiane. Forse perché quella nostra parte materiale e terrena non si rassegna mai e pensa che prima o poi ripasserai di qua. Dacci ancora un po’ di anni. Qualcosa accadrà. Della tua malattia ne ho fatto una fonte preziosa per la mia guarigione. Lenta, ma definitiva. Ho scoperto che il corpo si ammala perché dice sì quando la mente e lo spirito dicono no. Ho un buon maestro che piano piano sta sostituendo alle medicine altri insegnamenti e altre letture. La tua eredità di parole è ingombrante, ma è quella per cui ti ringrazio. La parte visibile ho provato a impilarla e ordinarla per non esserne travolta. Quella a cui tenevi particolarmente, adesso riempie come un quadro lo spazio che un tempo accoglieva la Tv. Gli ospiti, quando ne arrivano, sono obbligati a parlare con noi, nessuno schermo in cui perdersi e distrarsi. Guardo pochissimi film a casa, al contrario delle nostre maratone di due a sera, perché sono totalmente rapita dal pc e da quel progetto che sai. Ho messo in pratica qualcuno dei tuoi consigli sugli uomini, ma sono cambiati rispetto a quando eri giovane tu e quindi una donna intelligente e ironica con una casa piena di libri è una che ha scoperto l’elisir di lunga vita. Scappano perché – mi ha suggerito un’amica - non sanno come maneggiarmi, o perché – dico io - hanno paura di vivere per sempre. Invecchieranno tutti prima di me, a prescindere dall’età. Certe volte è ancora dura nel tempo e nello spazio di quaggiù, e ho paura che le risposte che mi sono data siano troppo facili. Continuo a vedere il mondo a modo mio, come una grande favola simile a quelle che mi leggevate da piccola, con la differenza che oggi vedo nascosto in ogni persona che incontro un eroe potenziale e una storia da raccontare. Tutto dipende da ciò che credono di se stessi. Quindi ho finalmente capito il senso di quella tua affermazione che ci ha fatto anche scontrare a lungo quando io volevo continuamente partire e scoprire il mondo accusandoti di avere paura di viaggiare, mentre tu mi dicevi che dopotutto non occorreva spostarsi troppo più in là. Oggi una strana combinazione di dadi mi porta a fare un lavoro per cui, ferma in un punto, il mondo mi passa davanti e mi regala le sue storie. Avrei potuto viaggiare tanto e non riuscire comunque ad ascoltare alcuna voce. Credo sia merito di quella radiolina che usavi per sentire le partite la domenica perché – dicevi – non saresti riuscito a seguirle diversamente. Sarà che mi è capitato di sintonizzarmi sulla frequenza giusta, ma io su quella radiolina, di cui ogni tanto perdo ancora il segnale, cercavo te.
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Alessandra NennaParlo e scrivo dal basso. Archivi
Gennaio 2024
HomeVoce ai personaggi (il podcast del romanzo)
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