A circa un mese dall'uscita del romanzo, sono stata ospitata nella sezione Aperilibri, un format giornaliero in cui Bookabook presenta le proprie pubblicazioni raccontate dagli autori. Sotto, nel video a seguire, con Flaminia, lo scorso 27 maggio. Altre interviste nella sezione qui sul blog (Quando parlano di me)
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Sì, proprio come Pinocchio.
Perché se c'è una cosa straordinaria che ho scoperto è che non bisogna affatto sforzarsi di cercare nelle storie che proviamo a raccontare l'originalità a tutti i costi. Deve invece somigliare a una vecchia storia che ben conosciamo e distinguersi quel che basta per sorprendere il lettore o, se proprio non ci sono i fuochi di artificio, che almeno gli regali quel moto di adrenalina che lo faccia abitare in quelle pagine anche quando non ha con sé il libro. Come ho abbracciato la mia ombra ha dovuto superare tante sfide. Stare nella pancia (mia, non solo in senso figurato) è stata una di queste, perché a volte le prime frasi che si buttano giù sono grezze, "di pancia" appunto, e rilette - meglio se a voce alta - perdono lo spessore, non riescono a rendere tridimensionali i personaggi o dare quel brio necessario alla scena che si aveva in testa. La cosa peggiore è che non sia funzionale a far andare avanti la storia e quindi bisogna cestinare. L'ultima corsa alla quale l'ho sottomesso è stato di farsi scegliere due volte: dalla redazione editoriale prima e dai lettori dopo. Con il rischio che, qualora non avesse raggiunto l'obiettivo stabilito (di almeno 200 copie pre-ordinate), la casa editrice avrebbe stampato e inviato le copie a quanti avevano pagato l'anteprima, ma il manoscritto non avrebbe mai raggiunto l'olimpo dell'ISBN, il codice attribuito ai libri pubblicati. Ho tirato un lungo sospiro anche adesso, rileggendo. Perché ripenso a tutte le volte che ho corso dei rischi, più o meno consapevolmente, e a quanta carica mi hanno regalato. In verità l'obiettivo stabilito dalla casa editrice è stato finanche superato. Ho smesso di chiedermi se fosse per una smoderata fiducia nelle mie capacità scrittorie o del passaparola di chi - bontà sua - si è sciorinato la storia in bozza digitale (l'unica disponibile all'epoca e manco definitiva). Mi concedo oggi di sentirmi grata e felice per aver portato a termine un lavoro iniziato circa sei anni fa. Perché ci ho messo così tanto? Perché ogni tanto la pigrizia va a farsi una birra assieme alla sindrome dell'impostore e le parole e le storie, pur essendo giuste hanno una loro anima e se inascoltate, tacciono perché stanche di bussare alla porta di chi finge di non sentire. Fino a quando un vento, proprio come quello che, quando cambia, porta novità e Mary Poppins, spalanca non solo le porte, ma anche le finestre così che l'autore, spaventato dall'idea di perdere in un colpo solo le storie e le muse, si rimette al lavoro. Vi consegno questa storia nella migliore versione che ho potuto e saputo fare. Il romanzo, edito da Bookabook sarà ordinabile in qualunque libreria in Italia e sugli store digitali più noti a partire dal 21 aprile prossimo. Qualcuno, estremamente veloce nella lettura, mi ha detto "non farci aspettare tanto a lungo per il secondo". Li ringrazio evocando un ricordo infantile che mi è particolarmente caro: "C’era una volta” il Cantafiabe dirà/E un’altra favola comincerà Quando si dice del personaggio di un libro "sono riuscito/a a immaginarmi perfino la voce". In questo caso non farete fatica perché si presentano da soli. Ho deciso di accompagnare il periodo di prevendita del romanzo con un podcast che riporti, in ogni episodio, un breve estratto in cui ciascuno dei personaggi più rilevanti riesca a dare un'idea di sè raccontando la propria visione del mondo o in conseguenza di un dialogo con la protagonista. Cercate La Penna di Nenna sui canali qui indicati. Il primo episodio apre sulla protagonista, Nicole. Fotografa con una cifra stilistica particolare: i suoi scatti mostrano solo persone di spalle. Anche nell'alba di San Valentino ne fotografa. Sono quelle del suo fidanzato Ettore che ha timore di svegliare. Perché? Secondo episodio dedicato a Giulia, la madre di Nicole. Vive a Milano da oltre dieci anni con il nuovo compagno Enrico, chef titolare di un rinomato ristorante. Qualcosa le due si rimproverano vicendevolmente e così, anche una tranquilla conversazione telefonica finisce per diventare per Nicole un ulteriore peso che avvilisce una domenica per lei già non troppo serena. Nel terzo episodio troviamo Cinzia, vicina di casa di Nicole. Affabile e premurosa, irrompe nella solitudine domenicale di Nicole perché vuole consegnarle un dono. Giunto al momento giusto per significare anche altro. Ma è presto per Nicole per poterlo decifrare. Io me lo ricordo il momento in cui ho deciso di scrivere questa storia. Nasce dalla visione di una singola immagine. Un uomo disteso a pancia in giù a spalle nude su cui è tatuata un’araba fenice. Qualcuno lo osserva. Quello che avevo ben presente era l’atmosfera. Immobile e pesante. Come se in quell’istante non potesse entrarci nemmeno l’aria nei polmoni tanto facesse male, tanto tutto fosse compresso al centro del petto. Quale metafora migliore allora se non una foto che cattura una porzione del tempo e la cristallizza. Poi ho capito che se qualcosa non si muove c’è un motivo. L’unica maniera per far sì che del nuovo accada è dargli voce. Questa storia l’aspettavamo tutti, me compresa. Mi aspettavo. Ognuno prenda ciò che più gli risuona, ma non tenetela ferma. Vuole viaggiare e proprio come Pinocchio che un giorno desiderò diventare un bambino in carne e ossa, questa storia vuole trasformarsi in un libro vero.
Il resto ve lo racconto un pezzetto alla volta. Come le mille e una notte. Intanto guardate qui: bookabook.it/libri/abbracciato-la-mia-ombra/ Prima o poi farò, prima o poi andrò. Siamo pieni di liste di cose che faremo in un futuro, forse già domani. Ma oggi? Scrivere un libro è solo una parte di un'impresa più difficile. Perché prima, durante e dopo occorre chiedersi perché. Perché ho scritto questo libro? Intanto per occupare un po' di tempo durante il lockdown tra marzo e giugno facendo qualcosa che mi piace: scrivere. In secondo luogo per ordinare, come tante perle su una collana, le decine di battute e gaffes dei viaggiatori raccolte in questi ultimi anni durante il lavoro al desk infopoint di una stazione ferroviaria. Se quella stazione fosse stata chessò, Paderno Dugnano, non credo avrebbe raccolto attorno a sé lo stesso colore e solarità. Ho unito alle gag alcuni racconti ispirati da scenette, episodi e personaggi che popolano la quotidianità di quel luogo e ne ho fatto un plico che ho presentato a uno storico editore barese. Quello che non mi aspettavo è che quel progetto stampato su poco più di sessanta fogli avrebbe preso la rincorsa e si sarebbe trasformato nel libro che ora ho tra le mani. Ogni tanto lo riapro, lo annuso, parto a rileggere brevi scorci avendo sempre la sensazione che quelle parole a lungo lette, rilette, corrette, si siano trasformate, abbiano assunto un sapore diverso per il solo fatto di essere rilegate. Non avevo grandi pretese. Se non di portarvi a vedere quel mondo così come lo vedo io: un giorno ti fa sbellicare dal ridere per un'uscita inaspettata, un altro ti commuove fino a farti venire i lucciconi. Però posso dirvi che ne è valsa la pena. Sarà in tutte le librerie dai primi di dicembre. In anteprima lo trovate sullo store della casa editrice qui e sui principali canali soliti. Se volete seguire invece gli aggiornamenti circa presentazioni, novità e altre curiosità che svelerò a poco a poco, iscrivetevi sul gruppo Scusi, il treno si prende dalla stazione?. Su Facebook, naturalmente. Può essere solo visto come una trovata per continuare a parlarne, ma ho appena letto una notizia relativa alla scomparsa di Gigi Proietti che, per chi ci crede, ha del mistico. Se la concomitanza di date tra nascita e morte ha innescato il commento automatico sul "colpo di teatro" (il contributo più bello a mio avviso si trova nei versi composti per l'occasione da Emiliano Luccisano 𝑀𝑎 𝑝𝑒𝑟𝑐ℎ𝑒́ 𝑡𝑒 𝑛𝑒 𝑠𝑒𝑖 𝑎𝑛𝑛𝑎𝑡𝑜, 𝑝𝑟𝑜𝑝𝑟𝑖𝑜 𝑒𝑟 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑒𝑖 𝑛𝑎𝑡𝑜? ‘𝑁𝑎 𝑏𝑎𝑡𝑡𝑢𝑡𝑎 𝑐𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑜𝑙𝑎: “𝑃𝑒 𝑟𝑖𝑐𝑜𝑟𝑑𝑎̀ ‘𝑛𝑎 𝑑𝑎𝑡𝑎 𝑠𝑜𝑙𝑎”). Il vero coup de théâtre invece sarebbe un altro. Qualcuno (particolarmente ispirato o chissà, in sintonia) ha provato a fare una divisione tra il giorno e il mese di nascita (e di morte). Il risultato è 0,18 periodico, che rimanda a una delle celebri barzellette del grande mattatore di spettacolo. Ed è qui che nonostante i lucciconi per questa improvvisa perdita, è impossibile che non scappi anche una risata. Un attimo dopo ho pensato: Genio! Perché sostengo da diverso tempo (per letture e approfondimenti che continuo a portare avanti) che ogni vita ha con sé un progetto unico che viene passato al vaglio di tanti elementi e per cui è necessario un lavorìo congiunto di energie per secoli. Ecco perché credo fermamente che numeri e date, ancor più quelle che segnano l'entrata e l'uscita dal flusso della vita, non siano e non possano essere affidate al caso. Proietti ha saputo conquistare le sue platee perché sembrava parlasse a ogni spettatore in un dialogo con lui unico e intimo. Era ciò che la propria energia emanava e ha portato egregiamente a fiorire i suoi doni. Nell'accomiatarsi dal pubblico e dalla vita ha trovato il modo di suscitare una risata spontanea per sempre, indubbiamente, ma mi piace pensare che abbia voluto anche farci riflettere. Se non vivi per il tuo scopo potresti diventare come una barzelletta raccontata male e qualche volta tra la vita e la morte c'è spazio appena per una bella risata. Grazie Mandrake. (Ho scoperto che su Facebook, tranne per i gruppi, è impossibile creare sondaggi. La questione è la seguente: ho scritto un libro. Ho raccolto le battute dei viaggiatori e scritto alcuni racconti a tema. Ora, con l'editore, ci siamo detti che, esattamente come accaduto con i viaggiatori anonimi che hanno ispirato alcuni racconti, allo stesso modo amici, parenti o sconosciuti potrebbero contribuire alla scelta del sottotitolo. Che sottotitolo vedreste bene? Quale vi "suona" d'impatto e simpatico? Prima di scegliere date uno sguardo alla scheda del libro (qui) pubblicata in anteprima sul sito dell'editore. Grazie a chi vorrà partecipare. Siamo spesso per gli altri libri non capiti. Riceviamo una scorsa, riserviamo lo stesso trattamento: una veloce lettura o peggio, solo l’attenzione di poche pagine per decretarne un giudizio complessivo.
Quello che non capiamo nei libri ha la stessa sostanza di ciò a cui frettolosamente rinunciamo. Molto di noi rivela il nostro agire, di ciò che non siamo pronti a leggere, più che degli altri, in noi stessi. Una piccola cosa di cui sono fiera. È accaduto che nei giorni del lockdown, quando non ero occupata a leggere, prendere nuovi ritmi, lamentarmi delle file al supermercato, seguire corsi on line di qualsiasi cosa mi sembrasse un'opportunità imperdibile, io scrivessi. Poi mi è capitato di incrociare l'iniziativa "Resto a casa... e intanto scrivo" nata da un gruppo di mestieranti del libro come forma di caparbia resistenza. Il 18 aprile ho inviato un racconto con l'intento di entrare a far parte di quella che mi sembrava una community letteraria di un sentire condiviso, ovvero che quando si cercano soluzioni, scrivere sembra una di quelle. Mi hanno ricontattato e mi hanno chiesto altri due racconti. E ora, insieme ad altri quindici autori, mi ritrovo in "𝑹𝒂𝒑𝒔𝒐𝒅𝒊𝒂". Il libro, pubblicato da 𝐍𝐞𝐩 𝐄𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢, è disponibile in formato cartaceo ed e-book sulle principali piattaforme, ordinabile in libreria e naturalmente sul sito della casa editrice qui https://www.nepedizioni.com/product/rapsodia/ Ve la ricordate la canzoncina Ci vuole un fiore? Per fare un tavolo ci vuole il legno, Per fare il legno ci vuole l'albero... L’abbiamo imparata tutti e ha una sua valida morale: tutto è collegato e ha origine da qualcosa di apparentemente piccolo e semplice come un fiore. Tenete a mente. Cosa c’entra quindi con la Rivoluzione del titolo? C’entra perché sulla posta mi sono ritrovata a rispondere a un “quiz” di dieci domande sulla Fashion Revolution Week. Sulle prime mi ha incuriosito perché, ammetto, per ogni risposta corretta avrei ricevuto un simbolico premio virtuale da utilizzare per l’acquisto e lo scambio di abbigliamento in quello che credo sia un circuito virtuoso di secondhand clothing che va nella direzione della riduzione degli sprechi e della ecosostenibilità. (ve ne parlerò dopo). La seconda leva a muovermi è stata mettere alla prova la mia conoscenza sulla moda sostenibile, come citava appunto la descrizione di ingresso al test. “Vediamo quanto ne so. Che poi, che è ‘sta “Fashion Revolution”, mi sono detta. Ho scoperto così che è un movimento globale nato dalle persone che lavorano nel mondo della moda direttamente e per indotto, ma che coinvolge chiunque si senta tirato in causa, perché come recita il manifesto (lo trovate qui) siamo tutti cittadini del mondo (che necessitano di vestirsi, almeno secondo le attuali leggi vigenti in materia di pudore). Il movimento è nato nel 2013 perché il giorno 24 aprile (l’anniversario tra 4 giorni) crollò a Dacca, in Bangladesh, una palazzina di otto piani dove erano collocate cinque diverse fabbriche tessili di abbigliamento per marchi internazionali. Morirono oltre 1000 persone e circa 2500 rimasero ferite. Questo episodio portò l’attenzione sulle storture (sfruttamento di persone, di risorse) di un mondo apparentemente patinato. L’obiettivo ancora oggi dopo sette anni è stimolare il singolo consumatore a una riflessione sullo standard di produzione di tanti riconosciuti brand famosi. Per tutta la settimana, per ovvi motivi l'evento ha una dimensione esclusivamente social, si potrà prendere parte al movimento indossando un indumento al contrario, scattando e postando una foto sui social chiedendo ai brand “Chi ha fatto i miei vestiti”? completando con gli hashtag #WhoMadeMyClothes #FashRev. Sicuramente non riceveremo la risposta di Armani, Guess o Liu Jo, ma serve a prendere consapevolezza. Si può inviare una mail o postare sui social con tanti materiali scaricabili. Il concetto di base, straordinario, è che anche la più piccola voce ha potere. Usiamola per partecipare, per dare il nostro contributo anziché subirlo. Sapevate per esempio (io no, l’ho scoperto adesso) che per produrre una t-shirt di cotone (UNA!) servono 2700 litri di acqua? L’equivalente di 27 docce o se preferite il consumo medio di acqua giornaliera per dissetarsi spalmato in tre anni e mezzo. Ovviamente parliamo della pianta del cotone che richiede ingenti quantità di acqua, a sua volta inquinata dai metodi di coltivazione, tutt’altro che naturali. Quindi sempre il test chiedeva se si era a conoscenza di quali fossero i materiali più sostenibili elencando tra questi Lino, Ramiè, Nylon, Lycra e Kapok. Per approfondire quelli tra questi che non conoscevo mi sono ritrovata con almeno dieci pagine diverse aperte che mi hanno portato a un’unica considerazione: le materie prime da preferire sono le fibre antiche come lino e canapa che possono essere coltivate senza l’uso di pesticidi, fertilizzanti e soprattutto la canapa (che cresce alle nostre latitudini) apporta una serie di benefici perché non esaurisce il terreno, ma anzi lo protegge aumentandone l’umidità e rendendolo idoneo a successive coltivazioni. La resa per un ettaro di terra è pari al 250% in più di fibre tessili rispetto al cotone. Ah, non ultimo. Tra le qualità del tessuto si annovera la capacità termoregolatrice e anti-microbica (non male di questi tempi). Pensateci insomma la prossima volta che state per acquistare una maglietta di cotone. Se poi non ne potete già più di tutti i flashmob e challenge aggregativi di questo periodo, be’ potete sempre immaginarvi finalmente a passeggio con i vostri abiti della bella stagione (in arrivo, si spera). E se non vi stanno più o vi annoiano, non buttateli via. Scambiateli. È il principio del Secondhand, già diffusissimo all’estero. Io da qualche tempo ho sperimentato Armadio Verde (cercate su Zio Google). Hanno sede a Genova. Ci si registra sulla piattaforma, si richiede il ritiro (a loro spese) del pacco di abiti che si vogliono dismettere (ovviamente parliamo di abiti tenuti in buone se non ottime condizioni. Non stiamo vestendo i barboni. E nemmeno in quel caso) e si aspetta la valutazione. Dopo qualche giorno via e.mail si riceve la valutazione in stelline degli indumenti inviati (anche scarpe e borse) che diventa così la moneta virtuale con la quale fare a nostra volta acquisti sul portale. Ogni articolo della collezione è controllato, misurato fotografato con centimetri reali riportati nella singola scheda. Dopo i primi acquisti ho capito per esempio che la lunghezza perfetta per me per le gambe dei jeans è 78 centimetri (praticamente quanto la tibia della Ekaterina, la modella russa con le gambe più lunghe del mondo).
Sicuramente la rete offre tante soluzioni simili, ma questa è quella più soddisfacente finora relativa alla mia esperienza. Certo, mi capita ancora di acquistare capi nuovi, ma ho dato nuova vita e possibilità a vestiti, jeans, maglioni che forse avevo indossato meno di cinque volte da quando erano stati acquistati. Con questa ultima informazione ho fatto la splendida, ammetto, perché era una delle risposte del test. Sì, pare che le uscite di un capo di abbigliamento col suo acquirente siano in media cinque (confortante sapere che sopravviva più di un qualunque flirt dei tempi d'oggi). Tuttavia, battute facili a parte, mi ha portato a interrogarmi. Soprattutto alla luce del fatto che da oltre un mese siamo tutti i giorni in tuta. Rivoluzioniamoci. |
Alessandra NennaParlo e scrivo dal basso. Archives
Giugno 2022
HomeDue chiacchiere con la casa editrice
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