Vi siete mai chiesti se c’è una frase, una citazione meglio, più essenziale, che possa rappresentare la vostra molteplice personalità? Non solo, ma avete mai pensato di affidare questa scelta a qualcuno, certi vi conosca bene e rielabori tutte queste informazioni in modo esclusivo? A me è stato chiesto da un’amica. A, con la maiuscola. Ciò che lei è sempre stata per me più di quanto lo sia riuscita a essere per lei. Per motivi che non sarebbe difficile spiegare, ma che non farò perché è una faccenda privata, anche un po’ sacra, come considero certe sfere della mia vita. * Lei mi ha cercata quando io provavo a nascondermi, mi ha ricordato quanto avessimo condiviso, come e meglio il meno arrendevole degli ex, lasciato senza una spiegazione nel giro di una notte. Non ho smesso neanche un attimo di volerle bene, neanche l’ho preso in considerazione di smettere, ma non riuscivo a ripercorrere la strada verso di lei. Perché volevo dimenticare le appartenenze, fingere che non fosse la mia storia. Poi ho fatto pace e preso le distanze dalle narrazioni che continuavo a ripetermi. Abbastanza passate da influire solo nelle sue declinazioni positive. Uscendo dalla caverna ho capito che sarebbe stato più veloce e agevole cercare un nuovo percorso piuttosto che tornare indietro. Per fortuna, nel frattempo, lei aveva cambiato casa e così anche nella realtà simbolicamente la mia intenzione si è verificata. Mi sono persa la meraviglia di alcune trasformazioni avvenute nella sua vita, una tra tutte che ha trovato il modo di rendersi eterna, ma non serve rammaricarsi. È come ritrovarsi in regalo un bambino senza aver penato le notti insonni. Si recupera tutto se si vuole, così come faremo con una serie Tv (lei è l’unica capace di convincermi a guardarne), a raccontarci le diversità elettive delle persone che ci circondano, i corsi e ricorsi storici (che per brevità lei chiama “karma demmerda”) e non da ultimo a sbellicarci per le dissacrazioni sugli uomini della mia vita, rigorosamente sbagliati tranne uno, a suo avviso (ma anche un po’ il mio), evaporato prima ancora che lei potesse esprimersi in favore aprendo – per la prima volta nella storia della nostra amicizia -, il registro delle possibilità. Mi ha affidato un compito importante. Ne sono onorata, spaventata, riconoscente e ne sento la responsabilità perché qui non si tratta di una singola unità, ma due… quasi tre. Che fossero destinati a stare insieme loro, l’ho profetizzato prima ancora che si rendessero conto di essere un uomo e una donna, quindi potenzialmente, volendo, anche coppia. Per fortuna poi l’hanno desiderato ed espresso così bene che oggi mi ritrovo a dover modellare pensieri per unire l’idea di due semirette convergenti (non sempre) con l’arrivo in un punto comune dai grandi occhi blu che si esprime con un frasario originale alternando vocaboli da due lingue. Non so se sarò all’altezza, ma nessuno si è mai spinto fino qui con me, affidando se stesso alle mie parole. Così sfuggenti a volte, arrendevoli a più significati e quindi traditrici, incapaci da sole di reggere il peso di sentimenti ed emozioni al punto che chiedono sempre un avverbio o un aggettivo. Trovo sia un atto poetico. Anch’io vorrei. Come lasciarsi cadere all’indietro col cuore fiducioso. Grazie Mari. da "How I met your mother", che un giorno vedrò tutta fino alla fine
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Ieri sera qualcuno su Facebook ha pubblicato questa immagine ricordando i primi tempi di scuola.
Non so cosa ci sia oggi al pari tra i "must have" delle bambine. Ai miei tempi c'era lei, Holly Hobbie, la cui identità coperta dal grande cappello faceva forse sognare di essere tutte un po' lei, ingentilita dai pachtwork di colori pastello. Oggi scopro che la creatrice di questo personaggio è l'omonima scrittrice americana e illustratrice che a fine anni '60 vendette alcune opere della "Blue girl" (così chiamata inizialmente) ispirata ai suoi figli e a una rustica epoca passata un po' British. Ma alla me bambina, che ora sta ancora gironzolando nella cartoleria di via Re David dopo l'uscita da scuola, mica interessano le biografie, le operazioni di mercato che periodicamente riportano in auge giocattoli famosi. Sto pensando ai miei quadernoni (credo di averne conservato uno in cantina), ai sospiri prima di uscire dalla cartoleria a mani vuote, e alla gioia di quando i miei genitori me li compravano, o consigliavano ai loro amici di regalarmene. E nello spazio di questo post, prima di ritornare al 2019, mi sento proprio come quella "blue girl" tanto fortunata. Ai miei genitori. Durante l'estate ho applicato il metodo Marie Kondo nella mia casa. Ogni anta di ogni armadio, ogni cassetto, ogni scatola, ogni cartella porta documenti è stata aperta, analizzata, valutata la sua utilità passata, la sua funzione nel presente, la necessità futura. Ho fatto spazio. Spazio e ordine (sono maniacale a volte). Poi sono incappata in un set di valigie, ricevute come regalo del matrimonio. Anche loro hanno compiuto 20 anni. Rigide e affidabili fino al 2006 quando il nastro trasportatore dell'aeroporto di Heathrow mi restitui quella piccola, oggettivamente la più usata, con un gancio laterale danneggiato. Sono finite le sue trasferte, relegata nell'armadio con l'intenzione, sempre rinnovata, di farla aggiustare. È stata invece sostituita dai cugini trolley più agili, più giovani, meno ingombranti. Bagaglio a mano. Lei, incapace di assolvere la funzione principale, ma ugualmente incapace di uscire dalla mia vita. Sarà perché dentro le valigie dimenticate negli armadi finiscono interi mondi. In questa per esempio c'era una videocamera JVC, regalo dei miei genitori. Anche lei con un corredo di cassette, batterie esauste e forse introvabili, ma con una serie di filmati perfettamente conservati nella mia memoria che sono andati in autoplay non appena l'ho presa tra le mani. Insomma, dopo solo 13 anni, ho deciso che questa valigia doveva tornare ad avere una possibilità. Ho cercato l'assistenza e il proprietario del negozio al telefono ha ucciso per metà le speranze nel mentre in cui descrivevo il modello: - Eh, ma quello è un modello vecchio di almeno 20 anni (mi rimprovera, quasi). - Sì, esattamente - gli dico già mezza dispiaciuta di dargli quasi fastidio. - Deve portarmela e chiederò all'assistenza se di quel modello hanno qualche rimanenza di magazzino. Ho bisogno di 48 ore. - Guardi, non si preoccupi, io ci ho messo 13 anni. Il tizio dall'altra parte ride, pensa forse a una battuta. Il negozio è in pieno centro e, rischiando la multa per sosta in seconda fila, riesco a mollare sul lungo bancone il mio ingombrante passato. Non mi lasciano una ricevuta e uscendo, penso di essere stata superficiale. Del resto, mi dico, che se ne fanno di una valigia rotta? La parte pessimista di me si immagina già all'isola ecologica in cerca di un modo per smaltirla. Forse un po' ci spero. Tutto ciò che se ne va fa spazio (è il mio mantra). Ieri sera, mentre ero a cena, trovo la telefonata di un numero sconosciuto. Nessuno chiama più nessuno ormai. Penso a qualche corteggiatore dimenticato, a un call center notturno, ma men che meno al proprietario della valigeria. Che stamattina mi richiama e mi dice che la mia valigia è perfettamente riparata. Che i ganci sostituiti sono due, ma che quello non danneggiato me lo restituisce perché ormai davvero sono fuori produzione. E potrebbe ancora tornare utile. Il viaggio inaugurale di quelle valigie mi ha portato in America. Come i migranti del dopoguerra. Credo mi ci porteranno ancora a far migrare questo cuore ancora non sazio, a riempire quella valigia di nuove cose, forse inutili, ingombranti, ma che, sono certa, considererò indispensabili per una buona porzione di vita. E se proprio dovesse essere l'ultimo per loro, mi piacerebbe sia lì, per chiudere un cerchio. Perché gli equilibri cosmici esistono e chi se la ride prima o poi dovrà fare i conti con qualche tsunami. Ve l'ho detto. La valigia è sinonimo di libertà e che proprio oggi, nel non anniversario del mio matrimonio, qualcuno mi abbia "regalato" uno strumento di viaggio, la trovo una coincidenza meravigliosa. I segni ci sono sempre stati tutti, ma non avevo ancora le mappe giuste per decodificarli. Anche quella libertà che mi è stata donata l'ho disprezzata a lungo, incapace di capire cosa farne. Ora, 20 anni più tardi, ho imparato più come lasciare andare che tenere. Forse nella seconda parte della mia vita la lezione sarà inversa. Per intanto sono felice così, perché rendere liberi gli altri non solo è la cosa più difficile da fare, ma anche la più colma d'amore. Io e la mia valigia senza peso ripartiamo presto. Altamura, 12 giugno 1999. L'idea fu del fotografo. Non vi dico per issarmi lì sopra. Oggi si chiudono nove cicli nel tempo di quaggiù. Nove cicli conclusi richiamano l’idea di essere pronti a un parto. La radice della parola è la stessa: part/ire. Partire quindi non è andare via, ma nascere al nuovo, con una rinnovata visione, magari forte di un’esperienza.
Di te, quando provo a ripescare i ricordi, mi appaiono flash interrotti, come tanti libri di cui inizi la lettura e poi per i motivi più vari li lasci su qualche ripiano a impolverarsi. Lentamente, delle storie che celano, ti restano solo brevi frammenti, come una fotografia. Conservo tante tue immagini, la maggior parte sorridente con un libro in mano a improvvisare un reading casalingo. Dalle favole con la copertina rigida dell’infanzia, all’ultima collana di Filosofia, io ti ricordo rincasare sempre con un libro per me. Prenderò l’impegno serio di studiare tutti e dodici i volumi perché alcuni autori mi hanno insegnato che se vuoi leggere il futuro devi conoscere la storia del pensiero. Tu mi hai insegnato che il futuro è tutto nei tre minuti successivi al momento che stiamo vivendo. Inutile ipotizzare e programmare tempi più lunghi. Aprirò a caso uno di quei dodici volumi per sapere come la vedi oggi. Mi ero ripromessa di scriverti con più frequenza, ma avrei dovuto fare i conti in quel caso con una mancanza che non accettavo. Ho imparato a gestirla, ma ogni tanto torna a far male perché la mente è sempre più veloce e parla di spazi vuoti e silenzi. Così da un certo punto in poi ho pensato che l’unica maniera per riempirli erano le parole. Non quelle per gli altri, solo le mie. Continuo a parlare tanto, ho sempre parlato tanto, dicevi che avrei potuto fare l’avvocato. Non ho la memoria sufficientemente allenata per quel mestiere e poi vorrei fare giustizia a modo mio, cercando la verità che non esiste e che i libri mi hanno insegnato a trovare in superficie. Dietro le parole invece ci si può nascondere. Allora ho iniziato a riempire anche gli strappi interiori con le parole. Tutte quelle avanzanti le ho buttate dentro un elefante che appena inizierà a muoversi con le proprie gambe mi auguro sposti un po’ di grigio dalle vite altrui. Mi piacerebbe. Venendo a cose più pratiche, come sai, abbiamo donato alcune cose che ti appartenevano, ma non quelle più quotidiane. Forse perché quella nostra parte materiale e terrena non si rassegna mai e pensa che prima o poi ripasserai di qua. Dacci ancora un po’ di anni. Qualcosa accadrà. Della tua malattia ne ho fatto una fonte preziosa per la mia guarigione. Lenta, ma definitiva. Ho scoperto che il corpo si ammala perché dice sì quando la mente e lo spirito dicono no. Ho un buon maestro che piano piano sta sostituendo alle medicine altri insegnamenti e altre letture. La tua eredità di parole è ingombrante, ma è quella per cui ti ringrazio. La parte visibile ho provato a impilarla e ordinarla per non esserne travolta. Quella a cui tenevi particolarmente, adesso riempie come un quadro lo spazio che un tempo accoglieva la Tv. Gli ospiti, quando ne arrivano, sono obbligati a parlare con noi, nessuno schermo in cui perdersi e distrarsi. Guardo pochissimi film a casa, al contrario delle nostre maratone di due a sera, perché sono totalmente rapita dal pc e da quel progetto che sai. Ho messo in pratica qualcuno dei tuoi consigli sugli uomini, ma sono cambiati rispetto a quando eri giovane tu e quindi una donna intelligente e ironica con una casa piena di libri è una che ha scoperto l’elisir di lunga vita. Scappano perché – mi ha suggerito un’amica - non sanno come maneggiarmi, o perché – dico io - hanno paura di vivere per sempre. Invecchieranno tutti prima di me, a prescindere dall’età. Certe volte è ancora dura nel tempo e nello spazio di quaggiù, e ho paura che le risposte che mi sono data siano troppo facili. Continuo a vedere il mondo a modo mio, come una grande favola simile a quelle che mi leggevate da piccola, con la differenza che oggi vedo nascosto in ogni persona che incontro un eroe potenziale e una storia da raccontare. Tutto dipende da ciò che credono di se stessi. Quindi ho finalmente capito il senso di quella tua affermazione che ci ha fatto anche scontrare a lungo quando io volevo continuamente partire e scoprire il mondo accusandoti di avere paura di viaggiare, mentre tu mi dicevi che dopotutto non occorreva spostarsi troppo più in là. Oggi una strana combinazione di dadi mi porta a fare un lavoro per cui, ferma in un punto, il mondo mi passa davanti e mi regala le sue storie. Avrei potuto viaggiare tanto e non riuscire comunque ad ascoltare alcuna voce. Credo sia merito di quella radiolina che usavi per sentire le partite la domenica perché – dicevi – non saresti riuscito a seguirle diversamente. Sarà che mi è capitato di sintonizzarmi sulla frequenza giusta, ma io su quella radiolina, di cui ogni tanto perdo ancora il segnale, cercavo te. Stamattina al supermercato finalmente mi sono sentita chiamare. Nella corsia, e accanto a me, nessuno. Eppure il coro in sottofondo alla musica continuava:... Alè... Alè... Alè... Mi volto e ci sono loro. Ora siccome sento le voci, immaginate anche che come tanti infanti coccolosi io abbia visto spuntare pure le braccine dalle confezioni. Che fai non li prendi?
Adesso so perché nessuno mi ferma al supermercato. Intanto sono nella corsia preferita dai bambini e poi, a dirla tutta, io mi giro solo se richiamata da chi ha sostanza. #ingrassarecondignitàletteraria |
Alessandra NennaParlo e scrivo dal basso. Archivi
Gennaio 2024
HomeVoce ai personaggi (il podcast del romanzo)
La storia c'è. Facciamone un romanzo vero Il libro c'è. Voi? 0,18181818 Il titolo che vorrei Rinunce Rapsodia, insieme per resistere. Scrivendo La settimana della "Revolution" Lettere dal passato 1001. Traguardi e nuove partenze OMG... L'ho fatto davvero Sottolineatevi... in verde Storia di una matita rosso-blu... e una gomma Matematica e profumi Il talento On LifeCome ti aggiorno il CV: a voce
La misura dell'amicizia Parco della lavanda, una prospettiva unica Tema, la fede La mamma dei miracoli Cara amica mi scrivo Elogio della lentezza Guerriere senza veli La felicità è un muscolo Pippo e il paradiso di Konrad Lorenz Svegliarsi... altrove Quando il web parla della tua vita Ri-conoscere il passato per dirgli grazie I grassi (saturi) vanno ignorati Amore: un amico speciale che si rinnova ogni tre giorni Alle radici della narrazione A scuola di tolleranza A lezione sul balcone Che un profumo vi annunci Non Ciao, ma Ti vedo dimagrita Ho perso le parole La chiave della felicità Un giorno forse torneremo qua I miei ex fidanzati (immaginari) Scrivere a Babbo Natale Avete tempo per una buona notizia? Dieci cose di me Giardini d'infanzia Gli sguardi dell'Amore Una radio sintonizzata sul futuro C'è molto di te in me Trova le parole per me La blue girl della mia infanzia Gente arcobaleno Venti non anniversari e una valigia senza peso BlogDrusilla, l'unicità dietro la maschera
Quello che non (mi) scende A message in a book La paura ha paura L'ombra della luce La filosofia in una camminata Anche una crepa... La misura della felicità Siamo endiadi a metà Rapporti di platino Di quel paese chiamato Amore De/sidera... pensarsi oltre E se foste un libro da salvare? The great gig in the sky Manuel Vilas, 100 comandamenti più uno La stanza del Mago Ezio Bosso Se avere talento pesa Ma tu, che paura hai? Quando a mancare è il respiro E voi, come vi state proteggendo? L'ulivo che vuole essere preso in braccio Un virus legale e la gioia bambina Fate virale la gentilezza Leandro e le cassette dei sogni da montare La maschera e il volto Somewhere over the rainbow... there's Judy Il saluto salutare Condividete e moltiplicatevi A Natale regalatevi un T.E.A.M. Te lo dico in un vocale Vi svelo un segreto Come un calzino spaiato La fata delle scarpette Maleficent a modo mio Profumi di nuovo Gratitudine. Un motivo al giorno Om... e torno a casa Come avere successo in amore. Forse Parole da salvare Dimagrire. 4 consigli non richiesti Giovanni e la birra annacquata Nuovi passi hanno bisogno di nuove scarpe Riflessioni allo specchio La vita come un applique fulminato Come potenziare la sfiducia negli acquisti on line HappyhandZoombombing aziona circuito di beneficienza
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