Ho perso tante cose e persone nella mia vita, ma non credevo si potesse perdere una voce. Di te ho cancellato più o meno tutto, ma le parole no. Quelle ho cercato di conservarle fin da subito, da quando mi hanno sorpreso per essere più prolisse delle mie. Credevo di esserci riuscita. Credevo di essere stata attenta. Credevo non sarebbe accaduto. Le mie convinzioni mi tradiscono continuamente. Ho smarrito anche noi per una convinzione di troppo. E infine ho perso anche le parole, le mie e le tue. Me ne sono accorta per caso, qualche mattina fa, mentre leggevo lo stralcio di un consiglio. Che, per una beffa estrema (la vita si diverte a disseminare segni nelle lezioni che impartisce), era quello di provare a conservare i nostri tentativi di bellezza, oltre il momentaneo bisogno di silenzio o volontà di cancellare quello che pensiamo sia la causa della nostra infelicità. Mi era sembrato un valido suggerimento, ora come allora. Ero perfino convinta di averlo messo in pratica, avendo conservato del tuo passaggio dalla mia vita, le suggestioni migliori. Ho invece rotto il mio cielo di carta cliccando su una nota audio a caso. Un avviso sullo schermo mi ha detto che il file non era più presente nella memoria. Ho continuato a salire nella conversazione cliccando a caso mentre il messaggio si ripeteva sterile. Naturalmente ho perso le parole a cui tenevo di più: quelle dei vocali. Perché in una voce, se torni a riascoltare, ci trovi i dettagli, le scorie di personalità considerate ininfluenti, lasciate andare insieme alle risate poco trattenute, ai toni incerti e ai silenzi colmi di sottintesi. Credevo di essere riuscita a trattenere di te almeno quella, la voce, giocosa e leggera, apparentemente, più delle parole scritte. Affidate a una nuvola virtuale incapace però di discernere e che, all’arrivo di un vento nuovo, ha lasciato che tutte le migliaia di onde sonore immagazzinate si disperdessero in un etere irraggiungibile. Dove vanno i vocali che non hanno più supporto, di memoria di archivio e di volontà di essere ascoltati? Forse in un limbo spazio temporale dove si lasciano cadere in buchi neri attraversando galassie di possibilità mancate. Ho provato a rileggere le parole che restano e mi sono divertita come la prima volta. Sarebbe bello se lasciassimo sempre di noi parole capaci di evocare emozioni inviolate dalle screpolature del tempo. Eppure, oggi mi piace pensare che in fondo quelle voci non siano state davvero perse, ma sottratte da una musa in difficoltà che li ha mescolate come farebbe un abile croupier per darle una vita nuova, tra le pagine di un libro, in una storia che ha ancora voglia di essere raccontata.
0 Comments
L’oroscopo di Rob Brezsny di questa prima settimana del 2020 mi suggeriva di prendere commiato da alcune cose che non servono più. Qualcuno pensa che io creda agli oroscopi (e glielo lascio pensare perché sforzarsi oltremodo quando non si è pronti è rischioso). In verità adoro le suggestioni di Rob che con metafore e citazioni in prestito, suggerisce autori di libri e musica, canzoni e poesie, ma soprattutto aziona – per chi ne coglie la sfida – la capacità di immaginare connessioni tra ciò che profetizza e una qualsiasi realtà concreta della propria vita. Farcela potrebbe avere a che fare con la ricerca della felicità. Mi è piaciuta molto l’idea che io possa, in questi molteplici salti circadiani di inizio anno, prendere commiato, tra le altre, da convinzioni, aspettative deluse e persone che non mi apprezzano per ciò che sono veramente. Quale modo migliore di farlo se non attraverso la scrittura? Una lettera di addio definitivo a una me poco sicura, troppo disponibile ad arginare, desiderosa di conferme. Lo sono stata. Forse decenni. Proprio mentre mi godevo la consapevolezza di aver vissuto una giornata ricca di emozioni, un’amica mi scrive. Insolitamente per lei, a tarda sera. Così come molto poco riusciamo a incontrarci al punto che – in oltre trent’anni – si è reso necessario elaborare modalità sempre diverse di connessione. Questa volta lo snodo è stato un punto sul suo pezzo di cuore eterno: sua figlia. Coinvolta per un “consiglio d’amore” per una donna molto più giovane di noi. Quello che mi ha stranito è che lei abbia visto in me una efficace consulente d’Amore. Io che per buona parte della mia vita ho percorso le strade opposte, chiudendomi tra le mura prefabbricate di storie impossibili, negando l’amore soprattutto verso me stessa. Lei invece è quella che ha scelto il pacchetto all inclusive (mamma, moglie, professionista) e da amica – in oltre trent’anni – ha saputo spesso esprimersi su di me con tale precisione che ogni tanto le sue frasi me le rigiro in testa chiedendomi da dove le sia nata all’epoca tanta lungimiranza. Eppure in questo caso sentiva di poter fallire, forse perché quando si cercano soluzioni per qualcuno che ci è seduto soprae che si ama, difficilmente gli si vuole far fare la fatica di alzarsi. L'altro motivo, ammissione tardiva, è che quando parla con quella donnina più giovane mi pensa tantissimo perché in lei vede la mia libertà. Bingo. In una notte a inizio 2020 ho vinto un affare imprevisto che chiama a rapporto il passato e il futuro. Vengo così a conoscenza della storia di un giovane uomo che dopo un anno di relazione riceve un messaggio da una ex (a suo modo importante, parecchio, ma tre anni prima) al punto che lui inizia a dedicarle gli spazi virtuali di una chat. La giovane donna non lo tollera e si ribella. Poi il cuore reclama la sua parte. Ho lasciato da parte le gioiose consapevolezze della mia giornata e ho scartabellato nell’archivio personale tra le cartelle dei consigli ricevuti in ritardo, poi tra gli errori commessi contro ogni logica, delle speranze costruite su frasi che sarebbero state adatte più agli Imprevisti e le Probabilità del Monopoli, il gioco, che a un dialogo tra esseri umani. Ho sentenziato che un dignitoso silenzio in cui ciascuno ritrova le proprie priorità sia l’unica strada percorribile. Vengo distratta da qualcuno che bussa con veemenza alla porta della stanza. Dietro ci trovo, braccia conserte, il cuore dei miei vent’anni. Non ho fatto in tempo ad avere alcuna reazione che è partito un CIAFFF! Una sberla come nei meme di Batman e Robin. Sono tornata alla chat e ho ammesso che andare contro-cuore è doloroso. Tuttavia anche quando ci sembra impossibile vivere senza la quotidianità di un amore che crediamo unico, sentirsi amati a metà è una agonia lenta. Piuttosto senza. Senza è quello che ho scelto io a 26 anni. A quel punto sono andata a sbirciare con cautela dietro la porta. Il mio cuore non c’era più, ma al suo posto ho trovato una chiave. Mi ha ricordato quella di un’altra porta, quella di ingresso di un appartamento lasciato in una notte di giugno con un consiglio che oggi porto appeso al collo: "non avere mai paura". A questa giovane donna, se avessi potuto parlare direttamente, avrei detto oggi adulta e col cuore annientato in tante battaglie, di non avere paura di lasciare andare qualcuno che non ci dà il giusto peso, perché è togliere l’etichetta “Amore” da un cuore che non ci vede, non vede la nostra unicità. Conosco tante donne (e uomini, soffrono anche loro) protette nelle torri d’avorio dei loro amori impossibili e rassicuranti. Perché non essere voluti cede parecchia della nostra responsabilità agli altri. E allora sì, riguardandole come attraverso i fotogrammi di un film, e prendendo commiato dai finti castelli fatati della mia vita, sento di suggerire almeno tre soluzioni più economiche di una seduta dallo psicologo: 1) Un aperitivo con un'amica da trascinare eventualmente in libreria per il punto due; 2) Acquistare il libro “La principessa che credeva nelle favole. Come liberarsi del proprio principe azzurro”. Oppure passare direttamente al seguente: 3) Un nuovo paio di scarpe. I punti 2 e 3 possono (ed è auspicabile) realizzarsi anche in autonomia. Perché qualche volta la solitudine dipana le nebbie dei nostri pensieri vorticosi mostrando ancora una porta, l'ultima, proprio quella che pensavamo non esistesse per noi e quindi finora non avevamo visto. È quella della felicità, e noi ci portiamo appresso la chiave da tempo. Avete mai fatto da piccoli quel gioco di immaginarvi in un'età diversa e adulta? Io spesso. In particolare con una persona con cui ho letteralmente diviso la culla. A 10 anni immaginavamo di averne 18 e di saperci conquistatrici di un mondo che forse toccava appena il perimetro della periferia delle nostre case. A 20 sognavamo di varcare gli anni zero perfettamente autonome e magari con famiglie e figli a carico. A 27, all'ingresso del millennio, abbiamo dovuto smontare quei sogni infantili come un albero di natale a febbraio, lasciato ancora un po' per nostalgia e per paura del futuro; poi inconsciamente di sogni ce ne siamo costruiti di nuovi. Tuttavia i Natali non sono stati più uguali. A 40 la strada è stata ricca di salite, qualcuna più ripida e in qualche curva solitaria. Abbiamo smesso di giocare e immaginare. Anche quando le novità si sono dopo tanto tempo riaffacciate audaci e desiderose di farsi accogliere, le si è osservate con prudenza. È un arcobaleno dopo la pioggia, ci si è detto, un fenomeno che affida all'effimero, alla propria incapacità di durare, la sintesi del suo fascino. A 48 anni una mattina guardi indietro e vedi che alcuni passi, decisamente importanti, sono stati compiuti con semplicità, forse decisi in una notte, o dopo nottate di chilometri percorsi. Passi che hanno portato una lontana bambina di 10 anni dove proprio non la si sarebbe immaginata. Pensi a tutto questo mentre sei lì, seduta su un divanetto di velluto in una ventilata e gelida mattina di gennaio a respirare il candido mondo di pizzi, volant e chiffon. Solo nel momento in cui si apre la tenda e lo sberluccichío dei tessuti ti abbaglia che le vedi. Sembrano comparse all'improvviso, ma erano lì prima di te. Ritte in piedi due bambine di 10 anni ridono e si serrano le mani sulla bocca per la sorpresa. Una delle due si volta attirata dal singulto di un pianto, ma non sono nemmeno certa mi veda davvero. Qualcuno li descrive come varchi spazio temporali in cui gli universi paralleli si incontrano e le dimensioni di presente passato e futuro coincidono. Per una frazione infinitesimale prima di divergere allontanandosi per sempre da quel punto. O forse no. Chissà. Sorprendo una delle due bambine a sorridere. A me, a qualcosa, o forse a un pensiero tra sé. Poi si volta, prende l'altra per mano e corrono via. |
Alessandra NennaParlo e scrivo dal basso. Archivi
Gennaio 2024
HomeVoce ai personaggi (il podcast del romanzo)
La storia c'è. Facciamone un romanzo vero Il libro c'è. Voi? 0,18181818 Il titolo che vorrei Rinunce Rapsodia, insieme per resistere. Scrivendo La settimana della "Revolution" Lettere dal passato 1001. Traguardi e nuove partenze OMG... L'ho fatto davvero Sottolineatevi... in verde Storia di una matita rosso-blu... e una gomma Matematica e profumi Il talento On LifeCome ti aggiorno il CV: a voce
La misura dell'amicizia Parco della lavanda, una prospettiva unica Tema, la fede La mamma dei miracoli Cara amica mi scrivo Elogio della lentezza Guerriere senza veli La felicità è un muscolo Pippo e il paradiso di Konrad Lorenz Svegliarsi... altrove Quando il web parla della tua vita Ri-conoscere il passato per dirgli grazie I grassi (saturi) vanno ignorati Amore: un amico speciale che si rinnova ogni tre giorni Alle radici della narrazione A scuola di tolleranza A lezione sul balcone Che un profumo vi annunci Non Ciao, ma Ti vedo dimagrita Ho perso le parole La chiave della felicità Un giorno forse torneremo qua I miei ex fidanzati (immaginari) Scrivere a Babbo Natale Avete tempo per una buona notizia? Dieci cose di me Giardini d'infanzia Gli sguardi dell'Amore Una radio sintonizzata sul futuro C'è molto di te in me Trova le parole per me La blue girl della mia infanzia Gente arcobaleno Venti non anniversari e una valigia senza peso BlogDrusilla, l'unicità dietro la maschera
Quello che non (mi) scende A message in a book La paura ha paura L'ombra della luce La filosofia in una camminata Anche una crepa... La misura della felicità Siamo endiadi a metà Rapporti di platino Di quel paese chiamato Amore De/sidera... pensarsi oltre E se foste un libro da salvare? The great gig in the sky Manuel Vilas, 100 comandamenti più uno La stanza del Mago Ezio Bosso Se avere talento pesa Ma tu, che paura hai? Quando a mancare è il respiro E voi, come vi state proteggendo? L'ulivo che vuole essere preso in braccio Un virus legale e la gioia bambina Fate virale la gentilezza Leandro e le cassette dei sogni da montare La maschera e il volto Somewhere over the rainbow... there's Judy Il saluto salutare Condividete e moltiplicatevi A Natale regalatevi un T.E.A.M. Te lo dico in un vocale Vi svelo un segreto Come un calzino spaiato La fata delle scarpette Maleficent a modo mio Profumi di nuovo Gratitudine. Un motivo al giorno Om... e torno a casa Come avere successo in amore. Forse Parole da salvare Dimagrire. 4 consigli non richiesti Giovanni e la birra annacquata Nuovi passi hanno bisogno di nuove scarpe Riflessioni allo specchio La vita come un applique fulminato Come potenziare la sfiducia negli acquisti on line HappyhandZoombombing aziona circuito di beneficienza
Andrea, una Dolcilandia per i bambini poveri Minoo, il presente è melodia Manos Blancas Puglia: happyHand su misura Un paio di scarpette contengono 50 grammi d'amore Laura's Art Studio. Quando la bellezza sta in una mano Esprimete un desiderio. FommyartLu lo cuce per voi Leandro e la cas(s)etta delle idee Urtare un totem e trovarci una città Valencia a modo mioCasa Nenna |