Poche cose mettono alla prova le amicizie più datate. Nella mia esperienza ne conto almeno due: Taboo, il gioco da tavola, e l'All you can eat giapponese (quando si è in più di 4 persone). Uno stillicidio a piccole dosi se ci si ferma a pensare che i convocati sono sempre gli stessi. Se si sopravvive, se ne esce fortificati. Proprio nel senso di unione che si sviluppa dopo aver vissuto una forte esperienza assieme. O in sovrappeso.
Intanto, in considerazione dell'arrivo alla spicciolata si creano le fazioni tra quelli che arrivano per primi e i ritardatari loro malgrado. Sì perché una volta conquistata la propria posizione a tavola e nonostante gli sforzi di mantenersi indifferente al proprio senso di fame, acuito dal digiuno preventivo, si opterà per "spiluccare" qualcosa nell'attesa. Ma il giapponese (inteso proprio il cameriere che ti serve) non è come quello italiano che conosce il rito dei convenevoli e la sacralità del convivio. Lui nasce di fretta e in fretta vuole sbarazzarsi di te. Per cui, se provi a ingannare lo stomaco cercando qualcosa che si avvicini al companatico come le nuvole di gamberi o la soia da sgranellare come i piselli freschi, stai fresco tu. Ti rimprovererà di avere tloppo poco ordinare puntando il dito sulle due colonne semivuote del foglietto che guardi deluso e un po' pentito di non aver optato per il pub all'altro lato della strada. (Come Paolo che odia proprio i menù e si rifiuta pure di interpretarli). Prevedendo l'abbuffata successiva tenti ancora di essere morigerato e opti per una coppia a testa di filetti di tonno e salmone appena scottati. In questa fase sei ancora lucido e gonfi il petto fiero di essere riuscito a contenerti quando gli altri sono finalmente tutti seduti. Ma è proprio in quell'arrivo a singhiozzo che si nasconde il seme della disfatta finale. Sì perché gli altri, incuriositi e ingannati dall'esiguo numero di pezzi nei piatti già serviti, continuano a ordinare. E quindi vai di gyoza e involtini tailandesi, la cui unica differenza rispetto a quelli primavera è il ripieno di carne. Qualcuno sulla scia di un entusiasmo che sa già di indigestione, arriva a dichiarare pubblicamente che non vorrà mangiare altro per tutta la sera. Il culmine del disagio si raggiunge quando designato l'agnello sacrificale che come un provetto amanuense redigerà a mano l'ordine finale, parte la tombolata del menù. Dovrebbe insospettire il fatto che si compone di non meno di 20 pagine con sottocategorie di piatti, varianti di roll, sashimi, tartare e relativi ingredienti da creare (scientemente) uno stordimento acuito dal fatto che ogni piatto, per noi stolti occidentali, è identificato da un numero. Ed è così che alcuni decidono di mettere al servizio le proprie competenze. L'ingegnere si affianca al maresciallo, entrambi nel settore aeronautico, per valutare la fattibilità di una strategia militare che offra un sorvolo radente su una condizione sempre più "calda". La difficoltà è tuttavia coordinare tredici volontà con esigenze e gusti differenti. Ciascuno (animato da un senso di solidarietà non richiesto) sceglie uno o più piatti da ordinare convincendosi che vorranno assaggiarne tutti gli altri. Alcuni si compongono di soli 2 pezzi per cui, cosa mai potrà influire questo minimo desiderio sul totale? Proiezioni di panorami futuri che nemmeno alchimia e fisica quantistica insieme hanno mai esplorato. E le porzioni lievitano. Prendo 79, 82 che sono 8 pezzi a piatto, allora facciamo 2!, urla una voce da un capo del tavolo. Ros, fai 115x1, 179x6, 54 solo 2 e 65. E la nostra certosina amanuense continua a scrivere. Fidandosi. Ci sono anche i poke! sento dire mentre una voce dal lato opposto, in piena amarcord e nonostante i 65 piatti già in lista afferma sicura: Ooh, ma io voglio assolutamente gli spaghetti di soia! Piccanti, certo. Quello che invece sappiamo tutti, ma che si preferisce ignorare come quello che sfreccia a 120 all' ora davanti all'autovelox sperando di farla franca, è la regola biblica dell'All you can eat: ciò che resta nel piatto, si paga. A prezzo pieno. Nel frattempo ila tavola inizia a riempirsi. Senza alcun ordine e senza che nessuno si prenda la briga di annunciare ciò che viene servito (tanto non capiremmo nulla lo stesso). Quello che può aiutare a fare scendere il cibo allora è innaffiarlo senza pietà. E se c'è una cosa di cui possiamo vantarci è l'apertura mentale. Non siamo come quelli che vanno all'estero e mangiano solo pizza. Quindi Psang tao per tutti, la "birra della casa". Qualcuno ha ipotizzato fosse la Peroni a cui hanno cambiato l'etichetta. Fatto sta che ho contato almeno 10 bottiglie medie. All'arrivo della tempura la temperatura a tavola ha raggiunto il punto di fumo. Non è stato tuttavia un miraggio vedere serviti 16 pezzi di gamberi ricoperti di noccioline e diversi altri con una pagliuzza (il kataifi) che vorrebbe essere pastella in filamenti e fritta. Inizia la fase delle accuse aperte: e questi chi li ha ordinati? Una voce si leva determinata. Io! Ma ne ho presi due per me. E gli altri? In risposta fa spallucce e tutti guardano in direzione di chi ha scritto l'ordine, che però ha l'unica colpa di aver assecondato il flusso delirante. Sarebbe potuta finire già qui se non fosse che lo stesso cameriere che ormai sentiamo nostro amico arriva con non una, ma due vasi di ardesia (quello è l'aspetto) profondi e fumanti: IL RAMEN! Una brodaglia che diventa tanto meno appetibile quanto più fuori cresce il tasso di umidità. Credo di aver sbagliato io, dice qualcuno mentre vedo scendere goccioline luminescenti lungo la vetrata. Qualcuno finge una impellenza, mentre il poke continua a circolare avendo però ricevuto diversi assaggi. Ma quello è il poke che ho ordinato per Paolo! aggiunge il commensale al mio fianco mentre lo vede passare senza poter fare nulla nemmeno per fermarlo perché continua a reggere dei piatti che non sappiamo più dove posare. In questo frangente ho visto perfino gente decidere di riprendere a fumare dopo aver smesso da 6 mesi. È tuttavia nei momenti di necessità che nelle persone si fa strada un misto di creatività e ingegno. La svolta sono le borse delle donne. Perché finalmente questo spiegherebbe il perché siano sempre così grandi. Per farci stare gli avanzi dell all you can eat, of course! Peccato che di sera quei bagagli a mano ingombranti di giorno subiscano una repentina inversione di tendenza e si riducano come le prugne secche. Penso che una spiegazione plausibile sia che questo sistema l'abbia elaborato un signore burlone che si sia parecchio divertito a vedere come la gente riesca a uscirne senza ricorrere a una lavanda gastrica. Una specie di gioco senza frontiere dei trigliceridi. Ne siamo usciti. Dal ristorante, intendo. senza pagare il supplemento nemmeno per le due vasche di "Piomben" come Antonio (che di pesantezze fritte è un esperto!) lo ha rinominato dopo questa esperienza. La borsa di Annamaria invece puzzerà ancora di gamberi e noccioline almeno fino al prossimo inverno. A voi, che siete come la pasta kataifi: fili sottili che insieme regalano consistenze irrinunciabili. #giornatainternazionaleamicizia #sushi #allyoucaneat
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Settimana scorsa sono stata al parco della lavanda. Embè?, Mi direte. Ve ne parlo perché ha rappresentato una parentesi straordinaria, nel senso di bellezza percepita, ma anche di eccezionalità in una routine che non la vuole smettere di girare su se stessa come le ruote dei criceti. Avrei voluto scriverne subito, ma le mie tempistiche mal si accordano nell'ultimo periodo ai ritmi del mondo esterno. A casa abbiamo ancora da festeggiare il Natale 2022. Per dire. Tornando alla mia escursione e qualora abbiate in mente di passare un giorno delle ferie a sgambettare tra i filari di lavanda, posso solo dire in maniera semplicistica che ne vale la pena perché l'aria rarefatta dell'altitudine (1000 e passa metri sul livello del mare) e l'effluvio della fioritura vi calmerà di botto come se foste appena entrati in una fumeria d'oppio (vorrò bene doppio - ma anche d'oppio - a chi coglierà la citazione cinematografica 😉). Per quelli pragmatici che vanno alla concretezza delle informazioni, potete fermarvi qua. E vi allego pure una foto. Per quelli che invece amano leggere le storie alternative a metà tra Amélie Poulin e Bridget Jones, ho materiale per voi. Sì perché fin da quando ho iniziato a sbirciare attraverso la rete di recinzione del parco la mia attenzione è stata catturata da un ragazzo paffuto di cui già a distanza percepivo la temperatura corporea simile a un geyser islandese che eseguiva ordini direzionando l'enorme disco argenteo tra le braccia verso la coppia che, con molta probabilità, preparava le pose del futuro romantico album. "Ecco", ho commentato verso chi lamentava l'aver lasciato il bus e la frescura dell'aria condizionata, "immaginate di essere al posto di quello lì". Alle 16.45 varco lo scenografico ingresso in tinta. Di lì a pochi minuti una voce calda e accogliente, annuncia per gli interessati il successivo tour attraverso il parco. Nonostante le distrazioni di colori e i particolari che avrei voluto immortalare decido di concentrarmi sull'ascolto della nascita del parco, oggi ancora gestito dalla famiglia proprietaria e della scoperta quasi fortuita delle prime piantine autoctone (da cui il nome "loricanda"). Vengo però distratta da una bambina intenta a giocare con le api. Qualche secondo col fiato sospeso mentre le vedo immergere le manine tra le biglie colorate di una vaschetta che cita "abbeveratoio per api", ma la sua naturalezza e l' indifferenza delle api che ci svolazzano intorno acquieta anche me. Riprendo ad ascoltare la guida che tuttavia ora mi appare un po' accelerata e d'un colpo mi punta il dito inviandomi un'informazione nuova: la lavanda più pregiata non è francese, bensì inglese. Non faccio in tempo ad assorbire la delusione per il declassamento del mio imperituro amore per la Francia tutta, che il gruppo invitato dalla guida si volta a guardarmi proprio mentre nella lavanda british pregiatissima ci sto per cascare in mezzo non avendo visto il cordolo di pietre che la delimitavano. Quindi il tour prosegue lesto tra i mix di erbe e spezie compresa una insolita menta al cioccolato. Ci autorizzano a strofinare foglie e fiori con l'unica accortezza di non reciderli per non danneggiare le piantine e soprattutto per evitare punture indesiderate delle api che sono decine di migliaia, ma ci ignorano. Mi guardo intorno e sentendomi come Pinocchio che ha appena vinto il biglietto per il paese dei balocchi, torno indietro per accarezzare tutte le tipologie di lavanda presenti. In lontananza scorgo ancora il ragazzone con il disco che ora è dorato. Mi chiedo da quanto siano qui, forse dall'apertura pomeridiana, ben oltre un' ora prima. Con i due novelli sposi e il fotografo mi sento la Steve McCurry de noialtri in procinto di scattare la foto che parla dell'amore al tempo del digitale. Spezie e fiori sono tuttavia più magnetici di qualsiasi sbordatura di ego e proseguo la visita senza più istruzioni, ma tutta a sentimento. Cammino tra i filari e mi lancio a respirare le sommità fiorite dimenticando che le api stanno facendo altrettanto. Se non ne ho aspirata alcuna è perché percependomi come una povera cittadina in cerca di emozioni si saranno tenute (loro) a distanza di sicurezza. Le specie di lavanda arrivano da ogni parte del mondo assecondando i viaggi dei proprietari della tenuta che ne hanno fatto prima una passione e poi un lavoro. Pare che aziende come la Carlo Erba e quelli della brillantina Linetti si siano riforniti proprio da questa grande coltivazione calabrese. Cerco di raggiungere la sommità di una collina su cui svettano due omini stilizzati realizzati con i covoni di grano tagliato e fiancheggio la coppia che evidentemente ha scelto il Steve McCurry di Campotenese che insiste decine di minuti nella stessa posa dando ordini perentori: "Sposo guarda la sposa con desiderio"; "Sposa avvicina la guancia al collo dello sposo. NO! non toccatevi!; "Sposo avvicina le labbra alla spalla. Ma NO, non così vicino". Guardo in volto il ragazzo che finalmente ha le mani libere e lo sguardo imperlato verso la collinetta dove forse medita di fuggire per non tornare mai più indietro. Avrei voluto scambiare un'occhiata di intesa con questo lui che immagino definitivamente single fino alla fine dei suoi giorni. Raggiungo la collinetta e recupero in uno scatto le sommità delle altre cime di cui un cartello serigrafato indica i nomi. Torno a valle in tempo per raccogliere la seconda parte del tour che ora ha a capo un'altra ragazza meno spazientita della prima. Ci porta a scoprire le procedure di distillazione e ci fa provare le diverse intensità di profumo spiegando le differenze di impiego tra idrolato e oli essenziali. Naturalmente arriva anche per me il momento foto ricordo e con l'amica dei viaggi improvvisati torno a cercare la prospettiva migliore. Intanto tra oli e profumi naturali siamo stordite peggio che a un happy hour e incrociando ancora la troupe fotografica (sempre loro!) - forse libera da freni inibitori - la mia amica si lascia andare a una serie di improperi sulla monopolizzazione della porzione di parco più scenografica. La seguo in silenzio perché temo si deconcentri per gli scatti "da copertina" che le ho chiesto e adesso, passandogli davanti, osservo finalmente gli sposi immaginando sui loro visi la felicità e la serenità che si respira tutta intorno. Lui guarda lei imbronciato. Lei guarda scocciata altrove e parecchio incazzata il fotografo che è in pieno orgasmo creativo. Come Dio vuole riusciamo a scattare le nostre di foto e abbandonare l'area protetta dalla "squadra matrimoniale" giusto in tempo per incrociare una nuova coppia che però è in autoproduzione: il fidanzato è anche fotografo. Lei ha comprato un vestito che riproduce esattamente i colori e i fiori di lavanda. A vederla da lontano sembrerebbe un filare che si agita come un'onda anomala prendendo forme inconsuete. Chissà lo stordimento delle api. Abbiamo lasciato il parco alle 1830. Il fotografo di cerimonie era ancora tra i filari a immortalare adesso l'odio dei visitatori. Auguri agli sposi. Zoomando l'immagine panoramica (in basso a destra) vedrete la squadra del fotografo in azione |
Alessandra NennaParlo e scrivo dal basso. Archivi
Gennaio 2024
HomeVoce ai personaggi (il podcast del romanzo)
La storia c'è. Facciamone un romanzo vero Il libro c'è. Voi? 0,18181818 Il titolo che vorrei Rinunce Rapsodia, insieme per resistere. Scrivendo La settimana della "Revolution" Lettere dal passato 1001. Traguardi e nuove partenze OMG... L'ho fatto davvero Sottolineatevi... in verde Storia di una matita rosso-blu... e una gomma Matematica e profumi Il talento On LifeCome ti aggiorno il CV: a voce
La misura dell'amicizia Parco della lavanda, una prospettiva unica Tema, la fede La mamma dei miracoli Cara amica mi scrivo Elogio della lentezza Guerriere senza veli La felicità è un muscolo Pippo e il paradiso di Konrad Lorenz Svegliarsi... altrove Quando il web parla della tua vita Ri-conoscere il passato per dirgli grazie I grassi (saturi) vanno ignorati Amore: un amico speciale che si rinnova ogni tre giorni Alle radici della narrazione A scuola di tolleranza A lezione sul balcone Che un profumo vi annunci Non Ciao, ma Ti vedo dimagrita Ho perso le parole La chiave della felicità Un giorno forse torneremo qua I miei ex fidanzati (immaginari) Scrivere a Babbo Natale Avete tempo per una buona notizia? Dieci cose di me Giardini d'infanzia Gli sguardi dell'Amore Una radio sintonizzata sul futuro C'è molto di te in me Trova le parole per me La blue girl della mia infanzia Gente arcobaleno Venti non anniversari e una valigia senza peso BlogDrusilla, l'unicità dietro la maschera
Quello che non (mi) scende A message in a book La paura ha paura L'ombra della luce La filosofia in una camminata Anche una crepa... La misura della felicità Siamo endiadi a metà Rapporti di platino Di quel paese chiamato Amore De/sidera... pensarsi oltre E se foste un libro da salvare? The great gig in the sky Manuel Vilas, 100 comandamenti più uno La stanza del Mago Ezio Bosso Se avere talento pesa Ma tu, che paura hai? Quando a mancare è il respiro E voi, come vi state proteggendo? L'ulivo che vuole essere preso in braccio Un virus legale e la gioia bambina Fate virale la gentilezza Leandro e le cassette dei sogni da montare La maschera e il volto Somewhere over the rainbow... there's Judy Il saluto salutare Condividete e moltiplicatevi A Natale regalatevi un T.E.A.M. Te lo dico in un vocale Vi svelo un segreto Come un calzino spaiato La fata delle scarpette Maleficent a modo mio Profumi di nuovo Gratitudine. Un motivo al giorno Om... e torno a casa Come avere successo in amore. Forse Parole da salvare Dimagrire. 4 consigli non richiesti Giovanni e la birra annacquata Nuovi passi hanno bisogno di nuove scarpe Riflessioni allo specchio La vita come un applique fulminato Come potenziare la sfiducia negli acquisti on line HappyhandZoombombing aziona circuito di beneficienza
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