Sessant'anni fa tre esperti sono stati capaci di "predire" questo futuro tecnologico oggi sospeso sull'incerto.
Leggetelo l'articolo perché a volte si ha bisogno di leggere nelle parole altrui quanto siamo fortunati. A me è sembrato perfino di vederlo quel giornalista che batte veloce sui tasti i cui braccetti collegati rimbalzano sulla carta, che magari si incastrano fra loro e il nastro salta. Una fatica che sembra così lontana (e per fortuna lo è) e che abbiamo fatto nulla per lasciarcela alle spalle. Stamattina mi piace pensare che forse è anche merito di quel giornalista, perché il pensiero è sempre energia creativa, se possiamo leggere un libro senza scomodarci dalla sedia di casa per andare in biblioteca. Anzi, siamo così fortunati che molti di noi in casa possono avere la propria, di biblioteca. Cartacea o digitale. Così come tutto il resto. Infine mi sono chiesta se quel collega, premiato da un viaggio nel futuro, avesse potuto vedere le strade deserte odierne, respirare le nostre paure che si propagano insidiose proprio attraverso quei magici "videofoni" da lui descritti. Quindi almeno per oggi sento di dovermi scusare con lui se non abbiamo saputo immaginare finora un mondo migliore.
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A settembre ho creato questo blog. Un esperimento, ma anche un desiderio che avevo da tempo di convogliare le mie riflessioni in un contenitore dedicato. Poi qualcuno mi ha suggerito di collegarlo in ogni caso alla pagina Facebook. Ho seguito il consiglio e in effetti ho visto crescere i consensi e i like in maniera costante e veloce. Mi sono fatta prendere la mano e ho spostato il limite, desiderando raggiungere i 1000 like entro il 31 dicembre. La mattina dell'ultimo dell'anno ero a quota 932. Sulle prime mi sono data per sconfitta. Perché la mente indisciplinata e pigra preferisce sempre cercare nella media dell'esperienza passata un ipotetico risultato futuro. Per questo ci arrendiamo spesso senza provarci davvero. Stavolta invece ho deciso di avvalermi dell'insegnamento di almeno una fra le letture, i corsi, l'autoanalisi e le ispirazioni che incontro ormai da tempo e andare contro-mente. "Sono le dieci del mattino. Fino a mezzanotte c'è tantissimo tempo", mi sono detta. A ogni amico incontrato, in ogni gruppo di cui faccio parte, ho illustrato il mio obiettivo. Molti si sono rimessi all'opera, perfino chi ha condiviso con me i festeggiamenti notturni ha provato a invitare la propria lista di contatti, mentre combatteva nella difficile scelta tra un panzerotto di carne e uno con le rape. Nonostante i botti e le bollicine, o forse proprio a causa di quelli, i like crescevano ed è così che alle 10 del giorno 1 la mia pagina aveva superato i mille. 1001 precisamente. Non un numero qualunque, ma magico. Come ha provato a dirci Walt Disney con la sua "Carica dei 101" e come in tempi recenti spiega Sibaldi con la tecnica dei 101 desideri, bisogna sì chiudere le cifre tonde, ma lasciare spazio perché un nuovo conteggio inizi. Quindi 1001 stamattina dice a me e voi che abbiamo un intero anno per affinare la sottile arte di desiderare, che in questo dobbiamo già lasciare spazio al cambiamento, e che soprattutto per quanto sia appagante raggiungere da soli le nostre mete, molte di queste hanno bisogno degli altri. Dice un proverbio africano "Se vuoi andare veloce vai da solo, ma se vuoi andare lontano vai insieme". Grazie a ognuno dei miei 1001. Grazie a chi cammina insieme a me. Per ora. E poi per domani. Buon 2020 Mia madre faceva la maestra. La ricordo di sera, dopo cena, china sullo stesso tavolo dove poco prima c’erano i nostri piatti, a correggere i compiti dei suoi alunni. Non usava la penna rossa per evidenziare gli errori, li sottolineava invece con un pastello verde chiaro, come le prime timide foglie di primavera.
Una di quelle sere che non avevo sonno e mi piaceva starle accanto a leggere Topolino, le chiesi perché quel colore invece del rosso che usavano tutte le altre maestre. Mi rispose senza alzare la testa da quei fogli: «È che nelle cose degli altri devi entrarci in punta di piedi, specialmente quando hai il compito di correggerne gli errori. Il rosso è un urlo, un’accusa alla quale non si può replicare. Dice “Tu hai sbagliato!” con il dito puntato contro. Il verde è gentile, come una piantina che cresce e per farlo ha bisogno di sostegno. Il verde non demolisce, sostiene». (Milena Maggio) Questo aneddoto è meraviglioso perché offre diversi spunti di riflessione. Intanto sui maestri. Chi sono i maestri della vostra vita, se ne avete? A chi attribuite questo ruolo? La parola “maestro” oggi è inflazionata. Maestro è colui che si è speso per quasi o tutta la vita nell’apprendere i segreti di un’arte e la padroneggia al punto da poterla insegnare. Solitamente sono persone di animo nobile, la cui prima virtù è una inconsapevole modestia. Mentre scrivo ho in mente tra tutti la mia maestra elementare, la signora Tarantino e Vito Attolini, giornalista e critico cinematografico. Li associo perché la prima ha il merito imperituro (insieme a mia madre che mi ha insegnato ad articolare le parole) di avermi donato le fondamenta, i pilastri della sintassi di questa lingua sempre affamata di parole giuste; il secondo perché quando ho cercato timidamente di capire cosa fosse il Cinema, me ne ha parlato in maniera così semplice, che mi sono sentita proprio come una scolaretta elementare. Vito Attolini è stato uno dei pochi critici cinematografici che abbia saputo parlare e scrivere in maniera trasversale, così democratico che il suo eloquio si rivolgeva contemporaneamente ai suoi pari, i criticONI (come mi piace sempre definirli ironicamente), e al pubblico più vasto. Intellettuale e gentiluomo. Poi ci sono i maestri del quotidiano, e potremmo esserlo un po’ tutti ogni qual volta siamo in grado di far luce in angoli bui nelle vite degli altri; luoghi in cui, da soli, non avrebbero guardato. Ieri in palestra, durante una pausa, si parlava della dipendenza del fumo che ovviamente sarebbe auspicabile non avere se si vuole praticare un’attività sportiva che necessita di grandi quantità di ossigeno e un cuore in grado di sostenere la fatica. Ho pensato a quanto sia criticONA anch’io nei confronti dei fumatori, e non solo. L’istruttore dice, poco prima che andassi via, che gli era venuta in mente una storia che parlava di una maestra e degli errori sottolineati con una matita verde, anziché con la classica rossa. Mister Rosario è un maestro per esempio, perché ti illumina le parti del corpo da allenare con rimandi che sollecitano l’emisfero sinistro del cervello col risultato che perdi l’equilibrio ed esci dalle sue lezioni come se fossi sempre ubriaco. Ed eccomi qua. A riflettere su quanto ognuno di noi usi sempre una matita poco indulgente con gli altri, puntando il dito su debolezze e mancanze. Dovremmo “entrare in punta di piedi” cercando nello specchio che l’altro è per noi, lo stesso tallone d’Achille. Forse abbiamo bisogno di perdonare in primis noi stessi, per quelle volte in cui siamo inflessibili, ma sbagliamo al pari, oppure ci attribuiamo scarso valore e non accettiamo incarichi e sfide perché non ci sentiamo pronti e all’altezza del compito. Quindi sottoliniamo in verde gli errori, nostri e altrui, firmiamo un lasciapassare che inviti gli altri a migliorare, ognuno nel suo Tempo. E se la vita fosse solo un gioco in cui siamo chiamati a misurare il coraggio e il peso di una compassionevole condiscendenza, ma alla fine saremo premiati tutti lo stesso? Da qualche tempo coltivo l’idea che quando avremo completato i nostri giorni su questa Terra riusciremo a vedere l’insieme di quelli vissuti come racconti tenuti insieme da tanta magia e pochissimi insegnamenti. Non mi aspetto un giudizio o una rivelazione finale, perché credo che la Vita non voglia insegnare nulla a nessuno se non a farsi vivere, per godersela al massimo. Come diceva qualcuno più bravo di me, “ogni giorno è solo un altro giro di giostra”. Seguo con un certo entusiasmo alcune pagine e autori. Perché gli riconosco la capacità di ispirare riflessioni e parole. È come una miccia. Mi accendono. Quelli che invece spengono (la mia considerazione per loro) sono i votati alla critica, quelli che se c’è una sola qualità in un altro, magari anche da ripulire perché logora, saranno più sbrigativamente orientati a lapidarlo. Credo per fretta. Equivale a dover pescare nel mucchio di una montagna di abiti in un mercatino delle pulci, un capo di abbigliamento decente. Bisogna attivare più di un controllo e l’inclinazione al perdono (di se stessi) per essere sempre così poco: profondi, compassionevoli, nobili (d’animo). Sarebbe opportuno fare dei corsi. Per insegnare a ricercare strenuamente negli altri anche un solo attributo di valore. Penso che accada al pari negli amori destinati a non incastrarsi perché le nature reciproche contrastano. * Leggo quindi una storia d’amore su un gruppo di cui faccio parte, scrivo un commento in risposta a questa giovanissima donna portando anche l’esempio di un’esperienza personale e infine, in un altrove social mi appare il contributo odierno di un vignettista che adoro e che sembra confermare la direzione dei miei pensieri. Come rappresentereste un amore non corrisposto, che ci consuma e vanifica i nostri sforzi? Quello tra una gomma e una matita, of course. * Quando ero piccola nei miei giri in cartoleria le gomme erano in ordine di importanza le seconde, nella scala degli oggetti desiderabili (dopo quaderni, penne e matite Holly Hobbie, vedi post dedicato alla Blue Girl). Mi piacevano quelle bianche, a forma di parallelepipedo, tutte disposte in fila nella loro pellicola trasparente o, sublime meta, la gomma pane - rigorosamente Pelikan, un po’ quadrangolare, in un formato più grande della media -, da lavorare come un pezzo di plastilina. Ironia della sorte, da ragazzina prima e da giovane adulta poi, ho vissuto relazioni da matita, innamorandomi sempre di una gomma. Inadatta. Ho persino sposato una gomma. Per quella inclinazione a vedere nell’altro “in potenziale” un completamento, qualcuno che corregge le linee troppo marcate, i tuoi ghirigori eccessivi trasformandoli in curve sfumate e armoniose. Invece davo loro linfa per esaltare la natura “cancellina”, arrabbiandomi perfino, perché continuavo a disegnare cuori sempre più grandi, che ovviamente provvedevano, seguendo il proprio istinto, a sminuire o eliminare. Forse che a metà della mia vita ho capito che sono sempre stata una matita a due punte rosso-blu (le più famose erano le Staedtler, ma anche le Stabilo), usate dai musicisti e da mia nonna sarta. Ho sempre usato un unico colore per dipingermi, consumandolo quasi del tutto per le gomme sbagliate. Ho un aspetto quindi inesplorato in cui piano imparare a riconoscermi. Non so se sono davvero in cerca di un’altra matita rosso-blu che ha fatto l’operazione inversa, di una Staedtler dalla punta durissima, o di una scatola di Giotto dai colori tutti diversi (quelle della mia infanzia profumavano al punto che ancora oggi quando ne vedo in giro vado ad annusarle sperando di ritrovarmi in quella cartoleria di Via Re David). Forse, beffa delle beffe, mi si affiancherà una gomma rosso-blu” di quelle che la parte blu ha dilaniato i quaderni della nostra infanzia convinti cancellasse la penna. Una Pelikan dalle linee grezze, neanche troppo desiderabile, ma che solo in tempi recenti ho scoperto sia stata creata esclusivamente per le matite; la parte rossa per i fogli di carta, e la blu per cancellare i tratti di matita da superfici dure come il cartone, la terracotta o un muro. Non abbiamo bisogno di soffocare le nostre molteplici nature, ma di qualcuno che si presti ad arginare (perché la sua natura glielo consente) i segni che lasciamo nel mondo presi dalla foga di essere matite indelebili. Copyright vignetta, Fabio Magnasciutti Ve la ricordate la scena dal film "Hook, Capitan Uncino" in cui Campanellino (una splendida Julia Roberts) per la prima volta desidera qualcosa per sé e cresce a grandezza naturale per baciare Peter Pan? Subito dopo esclama: <<O mio Dio, l'ho fatto davvero!>> La creazione di questo piccolo ed essenziale contenitore va in quella direzione. Per provare a raggiungere l'altezza di un sogno, impilando una parola sull'altra. Ieri sera mentre sorseggiavo uno Chardonnay, un'amica (fan sfegatata di Ligabue) sminuiva uno dei suoi primi tatuaggi da adolescente. "Voglio un mondo all'altezza dei sogni che ho". Infantile, definiva la sua scelta. Forse che bisogna tornare bambini, o ridiventarlo qualche volta, per immaginare grandi sogni. Il titolo del blog è un suggerimento ricevuto dal mio "psicologo dei muscoli", Mister Rosario, che ho raccolto perché la penna, nel suo significato esteso, può essere anche piuma, e più piume costruiscono ali. Entrambi abbastanza leggere per posarsi dove sono accolte, ma riguadagnare altezza per essere libere di legarsi a nuovi significati. Ecco perché mi piace iniziare questa nuova avventura citando una fiaba. E tra tutte una che parla di pensieri felici che fanno volare. Perché per me la scrittura è questo. Ha fermato il mio tempo e oggi mi ha fatto desiderare di dire: "Voglio volere". Julia Roberts, Hook - Capitan Uncino Quando volete vedere una magia da vicino, osservate una persona con una passione. Il fascino che suscitano in me le altrui capacità deriva da qualcosa che sarei (forse) in grado di replicare, ma impiegandoci più tempo e fatica. Ho imparato che invece ciò che nasce da pochissimo sforzo ha a che fare con il talento. Per oggi mi piace sostituirlo con la parola dono. Perché dalla passione nascono doni che non si possono tenere per sé, vanno condivisi. Non ho prove certe, ma credo che uno strano incantesimo faccia sparire i talenti che non mettiamo a frutto, ovvero condividiamo con gli altri. (Ve la ricordate la parabola?) Mia madre ha il dono di saper cucinare, sperimentare, creare dolci e salati. Stamattina alle undici e trenta le è venuta voglia di bignè alla crema. Dopo che aveva già preparato degli arancini di riso (arancine, per gli intenditori). I bigné erano pronti in poco più di un’ora. Io alla sola idea ero già stanca, lei sprizza gioia per esserci riuscita. Bigné e arancini sono stati infine anche regalati. Credo che coltivare i propri doni abbia a che fare con un contagio di felicità. Andate in cerca del vostro e portatelo a passeggio nel mondo. Qualunque esso sia. “Che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso”. (cit.) #ilmiotalentoèmangiare #condividograssisaturidifelicità Se volete la ricetta dei bigné dovrò mettervi in contatto con mia madre Per un punto passano infinite rette. Ci sono concetti matematici certi e imperituri, così acquisiti e parte delle tue conoscenze, come del resto molte parole, che si può perfino giocare a inserirli in ambiti a loro estranei, tipo la vita concreta e le sue costanti incertezze.
Siamo noi i punti fermi, o almeno lo crediamo a lungo finché a una data ora e non un’altra, in un dato giorno e non un altro, scopriamo che siamo sì punti, ma in cammino, così sospesi e incapaci di finire che abbiamo demandato a una saggezza superiore, che pure ci abita, il compito di stabilire la nostra finitezza. Le rette che ci attraversano sono flash, luminescenze (consiglio di indagarne il significato), un insieme di altri punti sospesi che passano proprio dalla nostra vita, e non un’altra, per lasciare qualcosa. Un segno, una lezione, un’essenza? Mentre scrivo, e forse la causa prima per cui sto scrivendo, è un’essenza. Mi insegue incostante da ieri, sarà stata la profumeria in cui sono entrata. Non è il mio profumo, o non solo. Qualcosa mi è rimasta attaccata addosso e incostantemente torna a ricordarmelo scegliendo il mio senso più sviluppato, l’olfatto. Realizzo di essere entrata anche in libreria e forse lì, ho incrociato parole che mi sono rimaste addosso. Le parole profumano. Qualcuno le respira. Ne ho avuto conferma vedendo una persona che, convinta di non essere notata, quando trovava un libro che forse gli parlava più di altri, si tuffava tra le pagine per assorbirne il profumo: carta, colla, emozioni, stampa. Forse dovremmo fare lo stesso con le persone. Avvicinarci abbastanza per catturarne l’essenza, confusa, ma totale. E stamattina, mentre provavo a distinguere questo profumo che torna a singhiozzo, fatto di segnali brevi, punti incapaci di essere rette, parole e azioni decise, ecco che mi attraversano contemporaneamente le parole di una penna poco costante, ma ricca. Un altro punto sospeso che di sé ha lasciato emozioni e ispirazione. E ancora le parole sono ciò di cui scrive, quelle che rinneghiamo, sempre e solo a noi stessi, troppo pesanti per emergere. Quelle leggere invece volano fuori in fretta, investendo quelli che ci sono intorno più di altri, quelli che restano, nonostante noi. Forse per sentirsi completi bisognerebbe concedersi ogni tanto di restare fermi in un punto lasciandosi attraversare. Non so quale area del cervello sia deputata a conservare i profumi, e perché alcuni e non altri sopravvivano nella memoria.
Ci sono quelli che riescono perfino a farsi chiave d'accesso per un tempo e un luogo altro. Accade per me con alcune aiuole fiorite dell'infanzia. Quando quei particolari profumi prepotentemente mi raggiungono, mi sembra sempre una magia che rivive, seppur lontana geograficamente e nel tempo. A occhi chiusi permetto allora a quei profumi di portarmi indietro. Ho di nuovo 6 anni e il mondo sembra abbia da mostrarsi solo attraverso parchi, giardini, lunghe passeggiate tra strade alberate e infine scivoli e altalene che riesco a governare come mio padre mi ha insegnato, volando a ogni oscillazione sempre più in alto. Poi mio malgrado riapro gli occhi. Magari sono passati solo trenta secondi, ma è stato anche troppo. Il tempo è un coniglio che va di fretta e non risponde alle tue domande. L'altra sera sono capitata su uno stato di WhatsApp e con la stessa velocità del Bianconiglio (che spesso perde dettagli preziosi), sono andata oltre. Per fortuna la memoria infantile ha alert molto più efficaci e mi ha fatto tornare indietro. Era stata una giornata amara, con una delusione da buttare giù come una compressa che si polverizza sulla lingua, ma queste due foto hanno avuto un merito. Rallentare, pur se per brevi istanti, le mie altalene emotive, quelle che crescendo, non sono più stata in grado di governare semplicemente calciando l'aria. |
Alessandra NennaParlo e scrivo dal basso. Archives
Giugno 2022
HomeDue chiacchiere con la casa editrice
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Quello che non (mi) scende A message in a book La paura ha paura L'ombra della luce La filosofia in una camminata Anche una crepa... La misura della felicità Siamo endiadi a metà Rapporti di platino Di quel paese chiamato Amore De/sidera... pensarsi oltre E se foste un libro da salvare? The great gig in the sky Manuel Vilas, 100 comandamenti più uno La stanza del Mago Ezio Bosso Se avere talento pesa Ma tu, che paura hai? Quando a mancare è il respiro E voi, come vi state proteggendo? L'ulivo che vuole essere preso in braccio Un virus legale e la gioia bambina Fate virale la gentilezza Leandro e le cassette dei sogni da montare La maschera e il volto Somewhere over the rainbow... there's Judy Il saluto salutare Condividete e moltiplicatevi A Natale regalatevi un T.E.A.M. Te lo dico in un vocale Vi svelo un segreto Come un calzino spaiato La fata delle scarpette Maleficent a modo mio Profumi di nuovo Gratitudine. Un motivo al giorno Om... e torno a casa Come avere successo in amore. Forse Parole da salvare Dimagrire. 4 consigli non richiesti Giovanni e la birra annacquata Nuovi passi hanno bisogno di nuove scarpe Riflessioni allo specchio La vita come un applique fulminato Come potenziare la sfiducia negli acquisti on line HappyhandZoombombing aziona circuito di beneficienza
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